Attualmente in tour per celebrare i 40 anni di “Musica Ribelle”, Eugenio Finardi ha risposto alle domande di una tavola rotonda nell’ambito della terza edizione di Indiegeno Fest, che pubblichiamo integralmente.
Si è parlato di censura e libertà, della politica dei luoghi comuni, di Donald Trump e delle inutili disuguaglianze ataviche. Dopo quarant’anni di attività, Eugenio Finardi è ancora “Sulla strada”.
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E.T.: Esistono ancora i ribelli nella musica?
“Esistono ma hanno meno visibilità, basti pensare a Lo Stato Sociale, I Ministri o ad alcuni rapper. L’impatto nell’era della comunicazione diluita però è minore: un mio cd fu interamente censurato dalla RAI eccetto una canzone – che era un canto delle mondine. In realtà fu una gran pubblicità: l’anno dopo, il mio secondo disco “Sugo” ebbe una grande risonanza perché le radio libere lo suonarono in antitesi alla RAI. La censura di oggi è molto più sottile, se vogliono tagliarti ti dicono che un pezzo «non è in linea con la programmazione» o che «il mercato non assorbe». Recentemente sono stato in Cina, dove vige ancora una censura vecchio stampo e non ho potuto cantare Non è nel cuore perché diceva «la prima volta che ho fatto l’amore». È strano come i regimi totalitari siano anche molto sessuofobi di solito. Chissà perché, poi, la democrazia va insieme con la libertà sessuale?! Avrei potuto consigliare al governo cinese modi molto più sottili di fare censura che non promuovono i censurati. Il risultato poi è lo stesso. Oggi, gruppi come Lo Stato Sociale o I Ministri o alcuni rapper, fanno canzoni estremamente dure ma la maggior parte della gente non li conosce.”
È strano come i regimi totalitari siano anche molto sessuofobi di solito. Chissà perché, poi, la democrazia va insieme con la libertà sessuale?!
E. T.: In Italia sembra che la musica viaggi su due binari: c’è quella che va in tv e quella che va nei live e riempie i locali.
“Sì, anzi andare in tv spesso è lesivo per chi è nel circuito indipendente, alternativo. È un gran peccato che sia così perché per esempio il progetto 40 anni di “Musica ribelle” è nato dal ritrovamento dei nastri multi traccia e dal recupero di quelli della sala d’incisione. Purtroppo però non esistono documenti televisivi: la RAI non ha documentato niente. Al contrario, ci sono straordinari documentari della BBC sui gruppi musicali più strani e alternativi. È tutto documentatissimo, quindi adesso che questi gruppi sono storia, adesso che sono classici, esiste materiale. Di noi invece esiste solo qualche spunto. “
G. M.:Thoreau nel 1848 scriveva “Disobbedienza civile”, tu parli di ribellione come atto quotidiano e moto della coscienza. Ma quali sono le leggi e i dettami a cui si dovrebbe energicamente rifiutarsi di obbedire?
“Sono le leggi ingiuste. Mi viene in mente la legge 40 in Italia, sulla riproduzione assistita: è una legge contro la quale ribellarsi non necessariamente urlando e strepitando, ma informando. Poi, quelle legate alla facile ricerca del consenso sociale: la Bossi-Fini, la Fini-Giovanardi, per esempio. Non ci sono però solo le leggi, la cosa più grossa da combattere sono i luoghi comuni. Io per esempio ce l’ho con gli antipasti: quando in un ristorante cominciano «con gli antipastini», vuol dire che ti vogliono fottere. Ovviamente sto scherzando, però per esempio la campagna elettorale di Trump non è basata sui fatti ma sui luoghi comuni, sui timori (che diventano tumori). C’è tutta una serie di paure ataviche, reazioni istintive: certe volte dobbiamo ribellarci a quel che ci dice l’istinto, come si fa per volare: in caso di pericolo devi accelerare e non frenare. Se frenassi stalleresti e cadresti.”
C’è tutta una serie di paure ataviche, reazioni istintive: certe volte dobbiamo ribellarci a quel che ci dice l’istinto, come si fa per volare: in caso di pericolo devi accelerare e non frenare.
G.M.: Prima parlavi di pregiudizi, sei il riferimento degli indipendenti perché testimoni la libertà. In una società come la nostra, governata dal pollice in su, si può parlare veramente di libertà?
“Questo è il problema. Come la censura, anche la libertà ha cambiato veste. Viviamo in una società che permette talmente tante sfaccettature che alla fine si entra nel paradosso di non essere liberi per eccesso di possibilità. Il fatto che in internet si possa dire qualunque cosa non fa trasparire la verità ma piuttosto una serie di miti e paure. In realtà, la libertà è una discriminante molto sottile: ci si rende conto di possederla solo per negazione, quando ne siamo privati. E in una società in cui si può ormai dire e provare qualunque cosa, si capisce quanto la conquista della libertà di uno sia molto spesso lesiva di quella altrui: stiamo confrontandoci con il ritorno della schiavitù non in paesi lontani ma nei nostri campi. Poi c’è appunto l’abuso della maggioranza che toglie a tante minoranze invece la possibilità di esprimersi.”
la libertà è una discriminante molto sottile: ci si rende conto di possederla solo per negazione, quando ne siamo privati.
S.T.: In quanto italoamericano cresciuto a Milano, hai vissuto la condizione di extracomunitario ante litteram. Cosa pensi delle elezioni americane?
“Delle elezioni americane penso che il Paese che si definiva così libero, si è rivelato quel che ho sempre sospettato, confermando il motivo per cui ho deciso di vivere in Italia. Mi sono reso conto che in realtà la libertà americana era un po’ come quella dei menù degli alberghi in cui puoi scegliere tra pasta al sugo o minestra di verdure: l’ho sempre trovata molto limitata e circoscritta ai bianchi anglosassoni. Adesso che giustamente l’America è arrivata a guardare in faccia queste contraddizioni e stanno chiedendo uguali condizioni anche i latinos, i neri, gli asiatici e tutti gli altri gruppi sociali, sta sorgendo una demagogia di destra difensiva, protezionistica e parafascista com’è Trump.”
S.T.: Questo clima però si respira forte anche in Europa.
“Certo, perché è il frutto non della libertà ma del liberismo. La globalizzazione ha liberalizzato la finanza in maniera forse eccessiva e viviamo in un mondo in cui il denaro, le merci possono viaggiare in assoluta libertà e invece gli esseri umani sono pesantemente limitati; anzi, stanno proponendoci dei trattati secondo me terribili, che permetteranno alle merci ed all’economia di girare indisturbati al di là del volere delle genti. Il liberismo ha un’ideologia perversa. In fondo, tutto quello che finisce in –ismo in genere è una distorsione negativa degli ideali. L’ideale sociale della fine dell’’800 ha portato al fascismo – non dimentichiamoci che Mussolini era socialista – al fascismo rosso di Stalin al nazionalsocialismo di Hitler. L’ideale liberale, che ci ha dato la libertà di stampa, di pensiero ed economia, ha determinato invece che la libertà è nelle mani di pochissimi, a dispetto di tutti gli altri. Non so se è mai esistita una società così diseguale da quando esistono le civiltà umane. Mi piacerebbe avere la possibilità di chiedere a Umberto Eco se il Medioevo era anche così. C’erano, certo, delle diseguaglianze però allora i Medici, i Borgia, vivevano comunque in una città e sono stati anche assaliti dal popolo. Adesso invece quell’1% di ultraricchi ha la possibilità di isolarsi. Cito sempre l’esempio di un’amica che costruisce resort di lusso. Ne aveva costruito uno nei Caraibi molto bello, dove andavano le star: uno di quei posti fantastici da 5 mila dollari al giorno. Su questa stessa isoletta ha costruito un altro resort fatto di ville per miliardari. Le ho chiesto se il nuovo resort era costruito dall’altra parte dell’isola rispetto al precedente. Lei ha risposto che il primo avevano dovuto distruggerlo perché – ha detto – «se uno spende 21 milioni di dollari non vuole rischiare di ritrovarsi in spiaggia col suo cardiologo». Questo è il tipo di situazione in cui i ricchi hanno extraterritorialità, al di fuori di ogni legge. Questa è la realtà del mondo in cui viviamo, in cui vige la totale separazione tra chi ha tutto e chi niente. Quest’anno si è superato il tasso di ricchezza massimo, quindi l’1% del pianeta possiede più del 99%. È una cosa inquietante, non so se sia mai accaduto.”
L’intervista è a cura di:
Gino Morabito – Musica intorno
Egle Taccia – La Musica Rock
Sara Tirrito – OUTsiders Webzine