[INTERVISTA] _resetfestival: colmare il gap tra creatività e lavoro

Cultura, musica e management si fondono per il festival che ha la missione di alimentare un circolo virtuoso e una rete ramificata all’insegna della creatività condivisa. Dal 5 all’11 settembre a Torino. 

di Mattia Nesto  –  Parlare di una manifestazione come il _resetfestival non è un esercizio facile. Infatti una kermesse che dura ormai da otto anni, che fonde la musica con la cultura e la creazione di lavoro creativo e, in ultima analisi, che ha un così forte legame tra pubblico, organizzatori ed artisti coinvolti è un vera e propria rarità nel panorama musicale e culturale in generale italiano. Per questo motivo abbiamo intervistato gli organizzatori, ovvero per farci spiegare in cosa consista l’unicità di un festival che, ne siamo sicuri, anche quest’anno. 

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Otto anni di _resetfestival: un traguardo importante frutto di sforzi comuni e di un lavoro collettivo. Ma oltre a questo come è possibile questo piccolo/grande miracolo a Torino?

“L’etimologia del termine “miracolo” conferisce a questa parola un significato specifico derivando da mirari “ammirare”. Penso che _reset più che da “ammirare” sia un mondo da “vivere” in musica, un modo di vivere la musica, un circuito di vitalità musicale… insomma qualcosa di inclusivo e interattivo, dinamico e mutevole, sempre attuale e smaliziato che non si vuole porre come oracolo, ma come rappresentazione, che valorizza quello che già c’è, ma di cui molti non si sono accorti. Noi non trasformiamo l’acqua in vino, semplicemente restituiamo all’acqua e al vino il proprio ruolo e valore.

Questa piccola/grande missione – forse così la chiamerei – è possibile per diversi motivi. Il primo fattore centrale è la musica del nostro territorio, Torino, il Piemonte e poi l’Italia. Una fucina creativa dal sottobosco selvatico che vanta innumerevoli picchi di talento e sperimentazione virtuosa, forse qualcuno ogni tanto se ne dimentica, ma tant’è. Senza un contenuto creativo di qualità _reset non avrebbe senso di esistere.

«Le etichette hanno una funzione simile ai business angels, gli editori potrebbero essere considerati dei soci in quote equity, le discografiche dei fondi di investimento. Ovviamente c’è una grande discriminante: la mission.»

Un altro fattore è proprio il lavoro collettivo, questo sforzo comune che penso sia una causa/effetto. Abbiamo sempre valorizzato la rete come approccio indispensabile all’emersione e all’innovazione. Se ne fa tanto parlare, ma poi chi è che veramente sta alle regole del gioco con coerenza mettendo a disposizione qualcosa prima di sapere cosa otterrà in cambio? Questo è il punto di partenza e di arrivo di _reset e non ha nulla a che vedere con la morale o il buonismo; la condivisione non è bontà, è strategia. Chi non gioca la sua parte in modo equo, in rete, automaticamente si auto-esclude dalla rete. E’ un modello che va oltre la musica e oltre l’Italia. E’ innovazione vera.”

Per il 2016 la parola, anzi il “messaggio d’ordine” è “IO SONO LA MUSICA CHE ASCOLTO”: sapresti spiegarci meglio questo concetto?

“Un giorno prima dell’edizione 2014 ci siamo trovati a fare brainstorming su un concept per la t-shirt di _reset cercando di andare oltre la classica “t-shirt da festival”. Un po’ per caso è venuta quella frase. Tutta insieme e per intero: IO SONO LA MUSICA CHE ASCOLTO. Poche parole, semplici, che messe in fila identificano il festival e la CALL! artistica (ogni anno ascoltiamo TUTTE e proposte che riceviamo), identificano il pubblico del festival, che ogni anno partecipa per ascoltare le nuove proposte, gli addetti ai lavori e i professionisti che contribuiscono alla parte formativa e vengono a fare “scouting”, i musicisti che si fanno pubblico degli altri musicisti, insomma.. la logica dell’ASCOLTO come alternativa al giudizio e alla classificazione e l’IO come soggetto attivo, trasversale e libero.”

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Sin dagli esordi il _resetfestival si è sempre contraddistinto per un’attenzione a dare voce sia alle proposte musicali sia a quelle creative in genere. L’impressione, per l’edizione di quest’anno, è che questa su questa commistione si sia puntato ancora di più: è proprio così?

“È così! La musica non è fatta di sola musica. Tutto il comparto creativo fa parte della filiera. Oggi si parla molto di innovazione culturale, cross-disciplinarietà e cross-medialità, in un’ottica di sperimentazione e contaminazione tra le arti; mutuare linguaggi, modelli e pubblici per contribuire alla valorizzazione e al potenziamento di un tessuto culturale, quello Italiano, che si fonda sulla creatività e sul talento, ma a volte manca di fiducia, professionalità e strategia. Così nasce _reHUB, per abbandonare temporaneamente le convinzioni, mettere a sistema tradizione e innovazione, riattivare i sedimenti culturali, mettere in discussione le regole del gioco e liberare l’impulso creativo dotandolo di strumenti atipici e attuali per validarne l’efficacia.

Perdere i margini della consuetudine spesso spaventa ed è un rischio, ma la nostra non è altro che una ricerca. Innescare scontri creativi tra storie e strade parallele, canali, reti, trame, linguaggi, posture. _reHUB riprende l’esperienza dei workshop e laboratori consolidati e tipici di _resetfestival facendo un ulteriore passaggio, riconfermando la fiducia e collaborazione del progetto Hangar Piemontewww.hangarpiemonte.it – per i laboratori #hangarmusic, integrando con la produzione creativa – un vero e proprio scambio tra produttori artistici e autori in qualità di “mentor” che si metteranno al lavoro sulla composizione musicale e autorale di quattro progetti artistici selezionati tramite CALL! – e sperimentando la dimensione di coworking e hub applicato alla musica e più in generale alla creatività.”

Sono stati ben 434 gli artisti che hanno preso parte alle fasi delle _call (chiuse lo scorso 7 luglio). Fatto salvo che la selezione dev’essere stata massimamente impegnativa, vi sareste mai immaginato una simile mole di adesione. E, soprattutto, la selezione per dare vita alla line-up definitiva è stata effettuata?

“Ogni anno c’è quel momento in cui il file excel della CALL! comincia a colorarsi e, un po’ alla volta, a riempirsi di commenti, spunti, simboli ed esclamazioni che giorno dopo giorno danno vita alla composizione artistica del festival. Il numero di adesioni è in linea con le edizioni precedenti in crescita proporzionale e la fase di selezione è davvero complessa. Le scelte non vengono fatte con criteri specifici, ci sono requisiti oggettivi, ad esempio l’originalità delle proposte (non selezioniamo cover band) e l’età (tendenzialmente sotto i 35 anni tranne casi particolari) che segano immediatamente un buon 20% delle proposte. Altri parametri sono meno scontati e immediati come l’identità, l’impatto performativo, l’attitudine e l’approccio al percorso, fa la sua parte anche qualche elemento psicologico e la completezza delle informazioni fornite all’interno del form. Parte qui una fase di scouting meticolosa che porta ad un 25% circa come preselezione finale. A quel punto diventa davvero difficile il lavoro, perché ci troviamo davanti un centinaio di progetti validi e gli spazi sono meno della metà. La selezione è stata effettuata, ma non è definitiva fino al giorno del festival. Noi siamo pronti!”

Ho letto nel comunicato che presterete particolare attenzione alle dinamiche che portano “a far diventare lavoro la propria creatività”. È quindi in quest’ottica che è stata predisposta la “Sala Co-Working 99 posti”?

“_resetfestival riunisce ogni anno a Torino durante i giorni dell’evento direttori artistici di festival italiani, operatori culturali, associazioni, agenzie, editori, discografici con l’obiettivo di implementare il networking e dotare la vetrina di attori che possano fare scouting sulle nuove proposte selezionate dalla direzione artistica e offrire la propria esperienza ai musicisti presenti.

La Sala Coworking sarà il luogo fisico dove questo meccanismo sarà innescato, uno spazio all’interno del quale sia possibile lavorare, conoscersi e creare opportunità concrete.”

Start-up innovative e emersione dei progetti musicali: come abbinare e far andare a braccetto queste due realtà, forse solo all’apparenza, così diverse tra di loro?

“La finalità è di colmare il “gap” tra creatività e impresa per professionalizzare il settore stimolando i musicisti e creativi attraverso tecniche imprenditoriali e ispirando i giovani imprenditori ad approcciarsi al loro percorso con creatività.

Il percorso di un musicista che vuole trasformare la propria arte in un lavoro deve necessariamente interessarsi di tutti gli ambiti tecnici, imprenditoriali e strategici per acquisire una consapevolezza tale da garantire un senso critico nei confronti del proprio percorso. Questo ovviamente non significa eliminare le figure professionali determinanti per il percorso artistico, anzi, vuol dire saperle scegliere con senno di causa e saper dire anche no”; essere capaci a sviluppare autonomamente soluzioni e progetti ponendosi gli obiettivi con lucidità senza perdere lo spirito di improvvisazione e destrutturazione creativa in una logica che parte dal DIY.

QUI il programma completo del _reset

Per quanto riguarda gli start-upper penso che spesso si sterilizzi il concetto di impresa relegandola ad uno schema fisso, teorico e difficilmente modulabile che troppo spesso porta a tralasciare la fase di “execution” e all’improbabilità di validare efficacemente il test per la propria idea imprenditoriale.

Sono due mondi assolutamente distinti, ma prevedono percorsi analoghi. Lo start-upper ha un’idea, si costruisce un team con cui condividerla, una cerchia di collaboratori con cui svilupparla, vive innumerevoli fasi di “test” che spesso portano al fallimento, per ricominciare e individuare il modello di business definitivo al fine di proporsi ad una rosa di investitori. Il musicista ha un’idea, un gruppo con cui condividerla, una cerchia di collaboratori con cui svilupparla, vive innumerevoli fasi di “prova” che spesso portano al fallimento, per poi ricominciare, rielaborare e individuare la formula efficace ad ingaggiare dei partner che investano sul progetto e contribuiscano all’emersione.

Se vogliamo rincarare la dose, le etichette hanno una funzione simile ai business angels, gli editori potrebbero essere considerati dei soci in quote equity, le discografiche dei fondi di investimento. Ovviamente c’è una grande discriminante: la mission.

Dal mio punto di vista il contenuto creativo e culturale deve rimanere la mission per un progetto musicale, si può scegliere di dotare il progetto stesso di un percorso imprenditoriale finalizzato alla sostenibilità e al guadagno, ma non è l’unico obiettivo. Nel mondo delle aziende invece la mission è fare business, la parte creativa e culturale diventano un buon mezzo. Questa è una grande differenza ed è fondamentale tatuarsela per la vita perché troppo spesso si fa confusione e si perdono i ruoli.”

Il _resetfestival è ormai famoso per avere un occhio di riguardo per la stampa e i media: anche quest’anno sarà riconfermata, l’apprezzatissima, Area-Media?

“Assolutamente sì!”

E cosa mi sai dire di “Tutto molto beach”? Lo sport sbarca anche da voi?

“L’area di corso Moncalieri 18 è coinvolta al 100% nel _resetfestival dal Cap10100 con realtà culturali quali The Goodness Factory, Associazione Teatrale Orfeo, Municipale Teatro, Scholè e l’Associazione Amici del Fiume che da anni lavora all’offerta sportiva dell’area. In collaborazione con il “Tutto Molto Bello”, il consolidato torneo di calcetto degli addetti ai lavori nazionali a Rimini, quest’anno nasce con una forma analoga a Torino “Tutto Molto Beach”, torneo di beach volley in riva al Po finalizzato allo scambio, l’implementazione delle relazioni e allo sport, l’ultimo giorno del festival.

Ascolta QUI la compilation del _reset 

Come ultima domanda ho come l’impressione che molto della filosofia di questo festival ruoti attorno al concetto di “raccontare e raccontarsi le proprie storie”. Perciò trovo uno dei luoghi più rappresentativi del _resetfestival sia il panel “TALK” dove gli operatori e gli artisti potranno appunto illustrare le proprie vicende. Senza scordarsi, naturalmente, dello “Speakers Corner” dove si potrà disporre di 15 minuti di “filosofia” in modo da esprimere un messaggio al mondo della musica…Cosa ne pensi?”

Ti faccio questa domanda: “Cosa dà valore ad un cimelio del rock, ad un disco autografato da una star, allo strumento musicale appartenuto ad un grande musicista?”

Probabilmente il prodotto in sé non ha un valore intrinseco così alto, ma la storia che c’è dietro lo rende unico, inestimabile, sacro.

“Dunque le storie nel mondo _reset sono contenuto imprescindibile per la musica. La musica a sua volta ti racconta una storia, un processo creativo, una ricerca, le scelte artistiche, le immagini, tutta la musica è fatta di storie, esperienze, scelte fatte da uominiConoscere le “case history” di persone che vivono la musica e hanno una storia da raccontare è entusiasmante. Riattiva quel senso di appartenenza viscerale e intramontabile che salva la musica. Sempre.”

Non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia e qualcuno a cui raccontarla. (Danny Boodman T.D. Lemon Novecento)