[REPORT + PHOTO] Saba Anglana: una voce nel deserto | Botanique

La voce cantante e poetessa somalo-italiana graffia e ammalia il pubblico di Boafrique.

Raffaello Rouge Rossini  –  Mentre aspettiamo seduti sul prato dei Giardini di Filippo Re, dalla tenda che funge da camerino oltre le transenne del palco, giungono le note graffianti di “Whole Lotta Love” dei Led Zeppelin, riarrangiata dalla fisarmonica di Fabio Brovero e dalla voce di Saba AnglanaE’ una versione carica di gioia ed erotismo, ed è il piccante antipasto prima che l’intero Botanique si trasformi in un’oasi di musica e racconti. Boafrique, una rassegna di tre giorni dedicata all’Africa, con mostre, musica e incontri, è un’idea nata da Cefa, onlus che si occupa di contrastare fame e povertà nel continente Africano (e non solo) con numerose campagne e attività. Sogni, acqua, corpo, cuore, gambe.

Gli elementi che vivono nel cielo stellato di Anglana disegnano un percorso da seguire cullati dal vento.E ogni passo è un elemento che contribuisce alla ricchezza del mondo: il mare, la polvere, il cielo, il vento, e le città. Il pubblico è rapito, estasiato, eppure partecipe, trascinato dall’incedere della voce di Saba: cantante, poetessa, viandante, e dalla capacità evocativa delle proprie parole, soppesate, una ad una, piene di emozioni, dense di suoni, al di là della musica, eppure imprescindibile.

Oltre alla cantante e a Bovero (Mau Mau) l’ensemble musicale vede anche Matteo Salvadori alla chitarra e Cheikh Fall (kora e percussioni), migranti della musica, in grado di meticciare arpeggi hard rock con le ritmiche del Corno d’AfricaMa è la voce di Anglana, che come artiglio retrattile felino ora appoggia con morbidezza tra i cuscinetti di pelo, per poi distendersi d’improvviso con inaudita naturalezza, a dominare incontrastata tra le foglie dei giardini di Filippo Re. Zarraf e Abebech, sono alcune tracce proposte tratte dall’ultimo album, YE KATAMA HOD – The belly of the city, una sorta di antologia di ricerche personali sulla necessità di (auto)rappresentarsi, raccontandosi, rispecchiandosi, cercando di evitare la paure del cambiamento perché noi stessi parte del cambiamento.

Strade, città, deserti e orizzonti, sono arterie dello stesso corpo, che a volte agonizza, prosciugato dall’egoismo, ma che poi, torna a prosperare, allagato dalla vita, Biyos.

Gallery a cura di Raffaello Rouge Rossini