Il pirotecnico pianista Stefano Bollani è ritornato sul palco di Luglio Suona Bene per proporre al pubblico romano il suo nuovo progetto Napoli Trip. A fargli da guida e da compagni d’avventura nel variegato universo della musica partenopea tre eccellenti musicisti: Daniele Sepe, Nico Gori e Jim Blake.
di Gianni Rossi – Sembra che l’amore per il jazz e il pianoforte si sia rafforzato in Stefano Bollani ascoltando quand’era ancora un imberbe ragazzino i dischi di Renato Carosone. E quindi, dopo aver percorso tutte le tappe che lo hanno condotto al successo e a collaborare con i migliori musicisti al mondo, è stato per lui quasi un obbligo ritornare al punto di partenza ed elaborare e presentare un progetto su Napoli. Accanto a sé ha voluto un partenopeo doc come il sassofonista Daniele Sepe il quale lo ho aiutato a scoprire tratti inediti della musicalità della città campana e a scovare personaggi che col tempo si sono persi nella memoria come la cantante Ria Rosa. Sul palco della Cavea dell’Auditorium di Roma, oltre a Sepe, ad accompagnare il pianista fiorentino c’è un suo amico di vecchia data, Nico Gori, al clarinetto e Jim Blake: un batterista dalle eccelse qualità.
La presenza del pubblico è massiccia e il brusio delle chiacchiere s’interrompe subito quando Bollani, da solo e con l’inconfondibile codino, attacca le note di ‘Nu quartu ‘e luna. La magia è iniziata. Il discorso su Napoli è a trecentosessanta gradi e restituisce appieno quelle contraddizioni e quegli estremi che rendono questa metropoli così unica. Non c’è solo spazio per la rievocazione delle grandi canzoni ma si toccano anche le marcette d’avanspettacolo di Nino Taranto, Il bel Ciccillo, oppure nelle composizioni originali dello stesso Bollani si sente evidente il riferimento a quel magnifico gruppo jazz rock degli anni ’70 che furono i Napoli Centrale.
In un pezzo come Vicoli, il punto cardine della struttura armonica diventa l’organo Hammond che è letteralmente preso d’assalto dalla fisicità del pianista istrione, il quale si contorce o si mette in ginocchio davanti ai tasti quasi pregando il suo strumento di tirar fuori dei tappeti sonori che possano reggere alla pari il superbo lavoro della batteria di Jim Blake e i potenti assoli dei fiati. Sul lato di una piacevole gigioneria ci si mette anche Sepe che a suo modo spiega le analogie che legano la musica colta occidentale, per esempio di un Richard Wagner, ad un genere nato nei primi del ‘900 nei bordelli di New Orleans che oggi conosciamo col nome di jazz. A restituire quella leggerezza e allegria che solo le città di mare possiedono ci pensa il duetto Bollani/Gori che nel pezzo Lo Choro di Napoli, in uno splendido botta e risposta tra il piano e il clarino aggiungono al bel clima creatosi delle suadenti note brasiliane.
Lo spirito di Pino Daniele non poteva mancare in un concerto di questo genere e Puteva essere allero è l’omaggio che Bollani, di nuovo solo al piano, dedica al grande artista scomparso. Questa volta senza annunci o battute. Il pubblico riconosce subito il brano e commosso applaude ai primi accenni. Nel bis di rito, dopo le meritate ovazioni, il pianista prima si riallaccia al suo amore di gioventù per Carosone suonando la mai passata di moda Caravan Petrol, e poi chiamata a raccolta la sua accolita di furfanti si lancia in un gran finale dove tra le rullate forsennate di Blake e gli acuti di Sepe e Gori, si rimanda nella sua integrità l’energia arcana e millenaria della città flegrea.
Anche se qualcuno può storcere il naso per la sua popolarità televisiva, Stefano Bollani è un gran musicista e Napoli Trip è un progetto di valore che non cavalca nessun sentimento di bieca nostalgia.