Il perenne movimento di Jack DeJohnette | Casa del Jazz

Il super trio DeJohnetteGarrison-Coltrane ha presentato al Parco della Casa del Jazz il suo nuovo album In Movement. Un concerto ricco di suggestioni in cui il grande batterista americano, aiutato da due figli d’arte, conferma una ritrovata giovinezza artistica.

di Gianni Rossi  –  Bastavano i nomi a rendere questo concerto, non solo dell’ambito del jazz, uno dei più importanti dell’estate romana. Jack DeJohnette è dal 1983 il batterista dello storico trio di Keith Jarrett. Ravi Coltrane, sax tenore, e Matthew Garrison, basso elettrico, oltre ad essere degli ottimi musicisti sono i figli di quei numi tutelari del jazz che rispondono al nome di John Coltrane e Jimmy Garrison. Le basi per un grande evento c’erano tutte ed infatti sull’esibizione del trio nulla non c’è stato nulla da eccepire. Sono stati grandiosi.

Jack DeJohnette e soci hanno presentato il loro ultimo album In Movement.

Il batterista aveva lavorato già in passato con i padri dei suoi compagni di avventura e l’intesa che aveva all’epoca intessuta si ritrova ancora intatta e pregna d’ispirazione. Come nel disco a dare avvio allo spettacolo è la lunga suite della title track. Quasi ventitré minuti in cui la batteria di Dejohnette tesse delle fantasiose strutture ritmiche di free jazz dove agilmente si dispiegano le inquiete melodie elettriche di Garrison, mentre il sax di Coltrane sostiene la tensione drammatica con tempestose improvvisazioni.

I riferimenti del trio non si limitano al solo jazz ma trovano i loro punti d’appoggio anche nel funk degli Earth Wind &Fire di cui la cover di Serpentine mette in evidenza il loro lavoro di dilatazione e purificazione delle strutture armoniche. L’obbligatorio omaggio a John Coltrane vede in Alabama un vibrante appello alla pacificazione delle tensioni razziali che ancora oggi, come allora, tanto stanno funestando gli Stati Uniti dAmerica. Svestendo gli abiti del batterista DeJohnette ha dato un saggio della sua bravura anche come pianista accompagnando Ravi Coltane nella dolce e malinconica Soulful Ballad.

Il concerto scorre magnificamente nella calda sera romana e la qualità e la bravura dei musicisti si snoda tra vibranti movimenti di percussioni, rabbiose accelerazioni blues e stridenti acuti di sax. Nonostante non sia sempre così semplice recepire appieno quella libertà dei suoni su cui si basa il caos organizzato del free jazz, il pubblico è entrato subito in empatia con il trio tributandogli grandi plausi durante l’esibizione. Il bis è stato un atto di riverenza verso un altro grande del jazz, Lee Morgan, di cui il trio ha suonato il famoso standard The Sidewinder.

L’ultima nota riguarda Matthew Garrison, il quale pur essendo nato a New York, ha trascorso molto tempo a Roma e ringraziando il pubblico ha tradito un accento, i puristi direbbero “trasteverino”, che non lascia molti dubbi sul suo amore per la Città Eterna.