Viaggi a New York che disvelano orizzonti. L’amore per il funk, sodalizi musicali e suggestioni a 360° sono all’origine dell’ultima release dei Tre Allegri Ragazzi Morti.
di Giulia Fiore – I Tre Allegri Ragazzi Morti sono tornati a Catania per una tappa del nuovo tour in occasione dell’uscita recente di “Inumani” (La Tempesta Dischi), il loro ultimo e ottavo lavoro. Davide Toffolo, frontman della band di Pordenone, risponde alle nostre domande sul disco e non solo appena prima dell’inizio del concerto al Monastero dei Benedettini.
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Come procede questo tour in giro per l’Italia?
“Eh, procede bene! Abbiamo fatto un giro abbastanza capillare, da Trento fino a Catania, per ora. Può darsi che arriveremo anche a Siracusa… no, scherzo! (ride)”
Parliamo del nuovo disco: “Inumani”… un disco ricco di suoni che provengono da lontano e un sound indirizzato verso il funk. Com’è nata l’idea? Cosa vi ha ispirati?
“Diciamo che la cosa centrale di questo disco è stata questo viaggio a New York. Abbiamo fatto un concerto nella Grande Mela e nella settimana in cui siamo rimasti lì sono successe molte cose che sono quasi tutte entrate dentro il disco… compresa la conoscenza con la musicista che suonerà con noi stasera [al concerto al Monastero dei Benedettini di Catania, ndr] che si chiama Monique Honeybird. Tante suggestioni che si trovano nel disco sono capitate proprio lì. L’amore per il funk è una cosa che ho da tanto tempo in testa, però a New York è diventato più facile capirlo.”
Perché avete scelto proprio “Inumani” per il titolo?
“Perché mi sembrava un bel titolo ed anche una fotografia giusta di quello che siamo adesso. Oltre l’umano, diciamo.”
La collaborazione con Jovanotti è stata motivo di discussione tra i vostri fans e non solo. Come e quando avete fatto incontrare le vostre due realtà?
“È un avvicinamento nato proprio sulla musica. Lorenzo è da un po’ di anni che quando facciamo i dischi ci chiama, ci scrive, ci dice che gli piacciono… poi abbiamo fatto un tour assieme negli stadi qualche anno fa e, come ti dicevo, durante il nostro viaggio a New York, dove lui abita, è nata questa ipotesi di una collaborazione da mettere a frutto proprio dentro il disco. Lui ci ha detto: ‘faccio quello che volete, se volete faccio anche i cori in tutto il disco!’. Non siamo riusciti a farli in tutto il disco ma almeno in due canzoni l’abbiamo fatto!”
Ormai sono vent’anni che si parla di voi: è appena uscito il vostro ottavo disco ed avete migliaia di concerti alle spalle; cosa vuol dire essere un allegro ragazzo morto oggi? Vi sentite ancora dei rockettari naif o siete cambiati e cresciuti con il vostro percorso?
“Siamo diventati un po’ più bravi a suonare ma di base rimaniamo quella cosa lì che hai detto tu… dei rockettari naif. Tutto quello che succede, succede fra di noi, siamo ancora quelli di sempre.”
Ci sveli qualche progetto futuro?
“Sai che è sempre stata una cosa abbastanza strana per i ragazzi morti parlare di futuro… Da morti non è così facile parlarne! Per il futuro c’è qualcosa che continua su questa idea della Cumbia, questa musica esotica che viene dalla Colombia. Faremo qualche cosa ancora in quella direzione lì, penso, prima di fare il disco nuovo… che chissà quando faremo! (ride)”
Galleria fotografica a cura di Giulia Fiore