Era il 1990 e Steven Spielberg acquistava, prima dell’uscita in libreria, i diritti del romanzo di Michael Crichton, Jurassic Park. Dopo tre anni, portò nelle sale il titolo che avrebbe fatto esplodere la dinomania, dando inizio alla saga il cui quarto capitolo (diretto da Colin Trevorrow) è arrivato in questo 2015.
di Erica Di Cillo – Senza rispolverare le vecchie glorie, due parole su Jurassic World. John Hammond diceva, parlando del suo parco, “Qui non si bada a spese.” Sembra essere dello stesso parere anche Simon Masrani che, ventidue anni dopo i fatti narrati in Jurassic Park, si occupa della struttura, ormai aperta e funzionante. Il sogno è diventato realtà: ogni giorno, migliaia di visitatori possono ammirare il Mosasauro, gigantesca creatura marina, insieme a tante altre creature ricreate in laboratorio 65 milioni di anni dopo la loro estinzione. Ma, evidentemente, non è abbastanza, anche perché il pubblico si stanca in fretta, è esigente, ha bisogno di stimoli, e Masrani chiede alla InGen un animale “più fico”. Loro si inventano l’Indominus Rex, frutto di una combinazione del DNA di varie specie, destinato – ovviamente – a creare un certo scompiglio, proprio nel giorno in cui nel parco ci sono due ospiti particolari, Zach e Gray, nipoti di Claire, responsabile delle operazioni sull’isola. Storia troppo scontata? Prevedibile, diciamo. Film profondamente americano, infarcito più di cliché che di denti aguzzi. Defilata la star indiscussa del primo Jurassic Park, il Tyrannosaurus rex.
Tralasciamo i dettagli che non ci convincono, che pure sono numerosi (Velociraptor ammaestrati?!), e decidiamo di non addentrarci in nessun’altra eventuale implicazione, altrimenti ci sarebbe molto da dire sul protagonista maschile, domatore di raptor e stereotipo dell’aitante maschio americano, o sulpersonaggio femminile, Claire, zia disattenta che ignora persino l’età dei suoi due nipoti, icona fashion fuori luogo e a dispetto della situazione: per scappare dai dinosauri occorrono scarpe comode, punto. Scordiamoci anche del fatto che già il terzo capitolo della saga era sembrato poco convincente, o comunque si era discostato dai precedenti, perché ogni buon appassionato – per intenderci, chi almeno una volta avrebbe voluto ritrovarsi su Isla Nublar con Alan Grant e compagnia – alla notizia dell’uscita di Jurassic World già scalpitava sul suo divano, impaziente di recarsi al cinema.
Jurassic World fa pensare più a Godzilla che ai suoi fratelli maggiori.
Negli anni ’90, dunque, Steven Spielberg ci ha servito i dinosauri su un vassoio d’argento: e quando si parla di Jurassic Park, si parla di un mondo a parte. La storia cinematografica dei giganti estinti da tempo, però, era cominciata nel 1914, con un cortometraggio animato di 12 minuti, Gertie the Dinosaur, dell’americano Winsor McCay, che aveva per protagonista una simpatica femmina dibrontosauro.
Nel 1925, The Lost World (di Henry Hyot) è il primo adattamento cinematografico del romanzo di Arthur Conan Doyle, con i dinosauri animati in stop-motion. In Sudamerica, una spedizione scopre, in una località difficilmente raggiungibile, sconosciuta a tutti, dei dinosauri sopravvissuti all’estinzione. È l’incontro col grande pubblico, che resterà sempre piuttosto fedele ai denti aguzzi e al fascino dei mondi perduti. E quando qualcosa funziona, tocca sfruttarlo. Il modello giurassico ha seguito le evoluzioni del cinema nel corso del secolo, assumendo varie declinazioni e sfumature. Godzilla (che fa la sua comparsa nel 1954) non rientra strettamente nei canoni, ha un filone tutto suo, ma lo citiamo poiché è un mostro immaginario appartenente a un’altrettanto immaginaria specie della famiglia del tirannosauro, che subisce una mutazione a causa delle radiazioni. Il resto è storia, come si dice, e i remake pure. Detto tra noi, Jurassic World fa pensare più a Godzilla che ai suoi fratelli maggiori.
1975, ritorna l’archetipo del mondo perduto: La Terra Dimenticata dal Tempo è un film di Kevin Connor, adattato da un romanzo di E. R. Burroghs. Ambientato su un’isola dove convivono dinosauri e uomini, nel 2009 ne è stato fatto un remake (The Land that Time Forgot, di C. Thomas Howell). Vicende più o meno improbabili si susseguono, sconfinando nel trash, si potrebbe citareCarnosaur – La distruzione (1993, A. Simon, D. Moloney), girato in tempo record per uscire nelle sale prima di Jurassic Park, e prodotto da Roger Corman, che due o tre cose sul B-Movie le sa. Ci saranno dei sequel, Carnosaur 2 e Carnosaur 3: Primal Species.
La dinomania coinvolge – anzi travolge – anche il cinema d’animazione.
Il cartoon Alla Ricerca della Valle Incantata (1988), di Don Bluth, prodotto da Steven Spielberg e George Lucas, conquista con la simpatia di Piedino, Tricky e Ducky. Ci saranno più di dieci sequel, nessuno però con la partecipazione dei due grandi registi. C’è ancora lo zampino di Spielberg (come produttore) in We’re Back! – 4 dinosauri a New York, del 1993, da rispolverare, o da scoprire, per quelli che non ne hanno mai sentito parlare. Non ci si può perdere un Tirannosauro che gioca a golf! E come dimenticare Dino, uno dei tanti giocattoli di casa che prendono vita quando Andy – il proprietario – li lascia da soli: il goffo T-Rex di Toy Story (l’anti T-Rex per eccellenza: buffo, simpatico e in ansia per le sue zampe anteriori cortissime).
Il 3D ha fornito nuova linfa a questo genere. Per festeggiare i vent’anni, Jurassic Park è tornato nelle sale americane, rimasterizzato e pronto per il pubblico munito di occhialini. L’accoglienza è stata buona e, sommata ai risultati del botteghino ottenuti nel 1993, ha regalato al film il quindicesimo posto nella classifica dei maggiori incassi nella storia del cinema. Sempre nel 2013, la Twentieth Century Fox distribuisce Walking with Dinosaurs 3D, A Spasso coi Dinosauri. Un omaggio ai nostri amici preistorici è presente anche in L’era glaciale 3 – L’alba dei dinosauri, del 2009, mentre per il prossimo novembre è prevista l’uscita americana del film prodotto dalla Pixar: The Good Dinosaur, in cui la Terra non è stata colpita da nessun asteroide e i dinosauri non si sono mai estinti.
Quando si tratta di incontri ravvicinati coi dinosauri, il maestro resta sempre Spielberg.
Per finire, ritorniamo al punto di partenza: e a lui, Steven Spielberg, produttore della serie tv Terra Nova, andata in onda dal 2011 su Fox e mai rinnovata, dopo la prima stagione. In un futuro non molto lontano, la sola speranza dell’umanità è tornare indietro nel tempo, attraverso un portale, e vivere nella colonia di Terra Nova, 85 milioni di anni fa, in pieno Triassico. Gli ingredienti ci sono, eppure la miscela non esplode. Ma quando si tratta di incontri ravvicinati coi dinosauri, il maestro resta sempre Steven.