La serie HBO firmata da Martin Scorsese e prodotto da Mick Jagger è, senza ombra di dubbio, uno dei grandi fenomeni dell’anno.
di Mattia Nesto
Il protagonista
Ogni storia, ce l’ha insegnato Omero e ce l’ha ribadito Charles Dickens (“Per principiarla dal principio, debbo ricordare che nacqui, come mi fu detto e credo, di venerdì, a mezzanotte in punto”, così l’incipit di David Copperfield), ha bisogno di un protagonista. E anche la, diciamo così, storia in questione, ovvero Vinyl, ha un attore principale: Richie Finestra, boss italo-americano dell’industria musicale, interpretato da Bobby Cannavale. Qui sta già il primo punto di analisi. Da più parti Cannavale è stato accusato di una recitazione sottotono, ovvero di non aver dato alcuna patina personale e totalizzante al suo personaggio, rendendolo troppo debole per sopportare, sulle sue gracili spalle attoriali, il peso di una simile opera e il suo corrispettivo investimento. Tuttavia occore apportare alcuni distinguo. Se si utilizzano categorie interpretative più vicine alla letteratura ma spesso utilizzate anche per il mondo della celluloide, una grande storia non ha bisogno, necessariamente, di un grande protagonista.
“La linea d’Ombra”/ “Apocalypse Now” (li pongo sullo stesso piano perché, come si sa, l’uno può essere letto, sostanzialmente, come scenografia dell’altro) sono gli esempi perfetti: entrambi hanno come protagonista Marlow, individuo appannato e grigio, che impallidisce di fronte a molti comprimari e, ancor di più, davanti all’enigmatica ma titanica figura del Colonnello Kurz. Eppure ci si sbaglia se si indica in Finestra il protagonista di Vinyl e allo stesso modo si cadrebbe in errore se si dicesse che “in Vinyl la protagonista è la New York drogata ed allucinata degli anni Settanta”. No, Finestra è un protagonista secondario e N.Y. è lo scenario principale, ma tutto ruota attorno al concetto di musica come vita. Scorsese mette in piedi infatti un enorme carrozzone in cui la musica entra in contatto con tutte le situazioni della vita: musica quando si mangia, musica quando si lavora (anzi musica come lavoro), musica quando si pippa, musica quando, ovviamente, si balla, musica quando si fa l’amore, musica, musica e ancora musica.
Segui la pista: la pista giusta è la musica.
Città in fiamme
“Città in fiamme”, il malloppazzo di Risk Hallberg Garth, caso letterario del 2015 negli Usa e da noi in uscita per Mondadori, è ambientato grosso modo nella stessa decade temporale di Vinyl. E le somiglianze non finiscono qui, dato che proprio quella commistione tra interessi pubblici e affari privati, l’euforia mediata dalle anfetamine e il business che ne consegue, lo scandalo Watergate e un’America che sta perdendo, sempre più, la propria “verginità e purezza” nelle jungle del Vietnam, sembra trovare la sua acme nella città-mondo per eccellenza, ovvero New York.
Questa atmosfera in qualche misura falsa e per altri aspetti più vera del vero, ce la conferma una scena della prima puntata. L’American Century Records, l’etichetta di cui Finestra è proprietario, è sull’orlo della bancarotta e sta trattando, in gran segreto, per la sua cessione alla Polygram. In questo complicato periodo gli esperti del settore creativo, i talent-scout delle band e degli artisti, sono in sala riunione per ascoltare l’ultimo disco dei Jethro Tull, la band capitanata dal flauto traverso più famoso della storia del rock, ovvero Ian Anderson. Richie Finestra entra e si precipita dal giradischi: prende il vinile, furioso lo fa pezzi ed esclama: “Woodstock è finita!”. Ora poco importa che fossero passati non molti anni dal concerto più famoso di tutti i tempi, ma questo episodio è utile per farci capire due cose:
- Il modo di lavorare all’American Century è un modo di lavorare frenetico e compulsivo, alimentato dagli acidi e dalla cocaina che ovunque si trova
- Se è vero che questi sono gli anni del funk, Finestra, nato e venuto fuori dal rock&roll anni Cinquanta, vuole qualcosa di puro, di genuino e di selvaggio: il punk o forse l’hip-hop?
Segui la pista: la pista giusta è la droga.
La solita giovane vecchia America
Interessante è poi valutare un fattore. È vero Vinyl è un’ode agli anni Settanta newyorkesi, ai loro eccessi e alle loro folli mode, alle avventure del suono e alle derive creative ma, quasi sottotraccia c’è un filone narrativo, man mano sempre più evidente, che sposta l’asse temporale indietro di quasi 30 anni. Infatti se Finestra (forse proiezione di Scorsese) ora ci appare come un manager confuso e stordito dalla cocaina, è stato prima un giovane e rampante amante della musica blue e rock&roll, il quale, da umile cameriere, fu in grado di scritturare grandi talenti e poi di mettersi in proprio fondando un’etichetta.
Ad aiutarci a capire l’importanza che il rock riveste per Finestra/Scorsese, il rock nella sua espressione più selvaggia e genuina, ovvero quello degli Anni Cinquanta, sono i numerosi flash-back e micro-videoclip che costellano gli episodi. Ora si vede Bo Diddley che imbraccia la sua chitarra (che gli amici regaleranno allo stesso finestra il giorno del suo compleanno) ora vediamo Jerry Lee Lewis furoreggiare al pianoforte. Scorsese quindi ci racconta sì gli Anni Settanta, quindi in un’operazione di nostalgia ma lo attraverso una sorta di “nostalgia della nostalgia”: si rimpiangono gli anni Settanta che a loro volta rimpiangevano i Cinquanta.
Segui la pista: la pista giusta è la nostalgia.
Le immagini: iconografia bizantina
Le icone bizantine sono famose in tutto il mondo perché raggiunsero un grado di elevatissima perizia tecnica, dato che erano, assieme ai mosaici, l’unica forma d’arte conosciuta/concessa in quella civiltà. Parimenti in questa serie televisiva la parte iconografica è basilare. L’immagine è importantissima perché la cura per i dettagli, la ricostituzione degli ambienti e la ricostruzione del passato in Vinyl ha raggiunto livelli di estrema purezza e qualità. Quando Jamie Vine/Juno Temple scende dalla metropolitana con uno zaino pieno zeppo di droghe sintetiche, siamo veramente nel metro newyorkese degli anni Settanta, la ricostruzione è perfetta, dalla sporcizia diffusa ai murales che si diffondono in ogni parete. Anche gli interni e le pettinature, passando per le cinture e le camicie sono citate in maniera perfetta. Ormai l’abilità raggiunta dalle produzioni americane, anche di serie tv, è davvero formidabile. Quando Devon Finestra/ Olivia Wilde (bellissima, tra le altre cose) partecipa ad un cocktail-party la sua mise è stata accuratamente studiata da pagine e pagine di Vogue America ’70, giusto per dire la perizia con la quale si fanno alcune cose Oltreoceano.
Segui la pista: la pista giusta è la moda.
Nostalgia del futuro
Considerato tutto questo Vinyl, che in Italia si può vedere su Sky Atlantic, è una gran serie perché grande è la produzione, grande è il battage mediatico e grande è, difficilmente lo si potrebbe negare, l’impatto sul pubblico. Sicuramente vi sono alcune lacune molto gravi, come una mancanza di coesione tra le diverse scene della puntata pilota e i continui “clippini” musicali anni Cinquanta, un po’ tanto forzati a volte. Ma fatto salvo questi errori (errori classici della poetica di Scorsese) Vinyl è la serie grande di quest’anno”. Quindi non resta altro che scegliere il nostro padellone preferito e posare la puntina di diamante sulla pista giusta: let’s groove!