Ieri e oggi, i luoghi di Pasolini: una passeggiata nel quartiere “buio di topaia” tra i “ragazzi di vita”.
di Giorgia Scoccia – A volte bisogna lasciare la routine in un angolo per assaporare gli scorci che una città ci offre, per mangiare con gli occhi gli angoli dei palazzi, gli alberi di una via, le finestre, il traffico o la tranquillità dello scorrere di un fiume. Si potrebbe continuare la lista all’infinito per quante immagini, sapori e odori un luogo possa regalarci. Nonostante sia meraviglioso gustare la città nel momento in cui la si vive, è ancor più splendido immaginare e tentare di rivivere la città in un altro periodo storico. I nostri posteri non avranno molte difficoltà grazie alla tecnologia, ma noi se volessimo tornare indietro nel tempo possiamo appellarci ad alcune fotografie o fotogrammi cinematografici, in bianco e nero, o meglio ancora alla narrazione di uno scrittore o ai versi di un poeta. Eccoci qui pronti per la nostra passeggiata nel tempo in uno dei quartieri storici di Roma, uno di quelli che ha subito nel corso degli anni un mutamento profondo: Testaccio. Se avessimo a disposizione la bizzarra macchina del tempo di Doc e Marty Mc Fly sarebbe tutto più semplice, eppure a volte la semplicità non ripaga abbastanza.
La nostra macchina del tempo sarà carta stampata, saranno le pagine di una delle opere poetiche più importanti di Pier Paolo Pasolini: “Le ceneri di Gramsci”. Già il titolo è un veicolo temporale non indifferente, Pasolini era i piedi davanti la tomba di Gramsci, nel cimitero acattolico di Roma, un luogo suggestivo e fascinoso a Testaccio, quando lo immaginò, quando s’ispirò per battezzare la sua opera.
Il poeta dialoga con le spoglie di Gramsci descrivendo una “primavera autunnale” che veste la sorte del mondo con il suo esser grigia. Egli fa riflessioni sulla vita e sulla società contemporanea in decadenza. In questo dialogo poetico, sul cambiamento della società causato dal drastico divenire del progresso, Pasolini sottolinea nuovamente il suo essere attratto dal sottoproletariato. I poveri operai che vivono nei quartieri popolari sono per il poeta una connessione diretta all’allegria e alla sincerità ma, purtroppo, anch’essi sono soggiogati dalla nuova società dei consumi che soffoca nell’asfalto i linguaggi e i tratti più originali del mondo popolare.
Leggendo le “Ceneri di Gramsci” possiamo proiettarci nel passato, immaginarci di passeggiare al fianco di Pasolini in Via Franklin o in qualche altra via di Testaccio al calar della sera: il monte dei cocci che ci guarda, il fiume torbido che ci abbraccia, le luci dei pochi autobus che raggiungono il quartiere e gli operai che fanno ritorno a casa dopo una giornata di duro lavoro. Ci sono pochi lumi accesi ed è quasi ora di cena, gli unici suoni che si sentono sono le serrande delle officine che si chiudono. Nessun concerto a far da sfondo, nessuna musica né claxon.
già si accendono i lumi, costellandoVia Zagaglia, Via Franklin, l’intero
Testaccio, disadorno tra il suo grande
lurido monte, i lungoteveri, il nero
fondale, oltre il fiume, che Monteverde
ammassa o sfuma invisibile sul cielo.
Oggi Testaccio è considerato un quartiere centrale ricco di belle case e negozi, con una “movida” notturna popolare grazie ai numerosissimi club e alle discoteche che germogliano qua e la ai piedi del Monte dei Cocci. Tra un pub e un ristorante radical chic la vita testaccina è completamente cambiata, persino il famoso mercato rionale dell’epoca è andato in pensione facendo spazio ad un mercato nuovo che si discosta completamente dalle scatole di latta e le serrande sporche che avevano dato vita ad uno dei più famosi mercati rionali di Roma.
Testaccio ai tempi di Pasolini era un quartiere industriale, disadorno e misero abitato dagli operai che vivevano in casermoni giallini. Ospitava le officine da cui si sentiva il rumore sordo dei colpi d’incudine, martelli e attrezzi. L’antichità romana veniva circondata dai mucchi d’immondizia. Le casette abusive, ai piedi del Monte dei Cocci, accoglievano la povertà sincera di giovani ragazzi. Il monte di Testaccio nascondeva, nell’ombra, prostitute, in attesa, sopra una terra fradicia e sporca.
verso il monte che cela in mezzo a sterrifradici e mucchi secchi d’immondizia
nell’ombra, rintanate zoccolette
che aspettano irose sopra la sporcizia
afrodisiaca
I locali industriali di Testaccio hanno oggi tutt’altre funzioni e alcuni sono completamente abbandonati alle intemperie, anche se spesso l’intonaco delle facciate viene usato come tela dagli street artist. IlMattatoio che per noi oggi è Ex era una delle architetture centrali del quartiere. Come una fenice è rinato dalle sue ceneri e lì dove venivano macellati e uccisi gli animali oggi vengono esposte opere d’arte ed è luogo d’incontro culturale e accademico.
Ma quando nacque il rione Testaccio, che prende il nome da quel cumulo di anfore che hanno formato il monte, era destinato ad essere luogo industriale, territorio di servizi come la ferrovia, il mattatoio, i mercati generali e la fabbrica del gas. Era l’unico rione all’interno delle mura aureliane ad essere abitato da operai che al ritorno dal lavoro si chiudevano nelle osterie a bere. Testaccio era un angiporto misero e al tempo stesso ricco di vitalità e intraprendenza. Quando Pasolini passeggiava tra ostiense e Testaccio sentiva il vento che soffiando tra le vie, sui cocci e sui tufi del Macello, si riempiva e sollevava l’odore dei rifiuti e della miseria. In quel quartiere «buio di topaia» Pasolini ha passato molto del suo tempo, ad osservare, vivere e immaginare le anime dei suoi ragazzi di vita alle prese con ilferrobedò.
e in mezzo ai platani di Piazza Testaccio
il vento che cade in tremiti di bufera,
è ben dolce, benché radendo i capellacci
e i tufi del macello, vi si imbeva
di sangue marcio, e per ogni dove
agiti rifiuti e odore di miseria.
Quell’aria di miseria e quelle ferraglie industriali sono il simbolo -insieme alla popolazione che vi è cresciuta e vissuta fianco a fianco- di quel mondo tanto caro a Pasolini per la sua spontaneità e naturalezza. La schiettezza e la genuinità degli operai che vivevano in questi quartieri popolari è stata catturata dallo scrittore/regista nei suoi romanzi come “Ragazzi di Vita” e nei suoi film come“Accattone”. Dell’una e dell’altra opera Testaccio è sicuramente un fondale d’ispirazione, come tanti altri quartieri romani -Pigneto o San Lorenzo- proprio perché chi vi abitava riusciva a rendere belli quei luoghi e quegli scorci così poveri e sporchi attraverso l’immediatezza e la semplicità.