Dalla tradizione ultracentenaria ad oggi, il signor Farinel on the Road e la sua squadra d’assalto esportano la miassa canavesana a bordo di magnifici furgoni d’epoca.
Abbiamo fatto due chiacchiere con lui per conoscere meglio la storia del suo progetto.
Quando e come nasce l’idea del Farinel on the Road?
“L’idea nasce in Spagna nel 2010 circa. All’epoca eravamo titolari di due pizzerie da asporto in Andalusia chiamate appunto “Farinel”. Da lì con la voglia di tornare in patria ma cercando un’alternativa al locale fisso abbiamo fatto la nostra scelta, un po’ per avventura, un po’ per sfida e un po’ per la passione in mezzi d’epoca e Hot Rod.
Venduto tutto in Spagna e ritornati in Italia abbiamo cominciato a cercare il mezzo giusto per coronare la nostra idea ed una volta trovato lo abbiamo scambiato con una vecchia Harley chopperata. Portato a casa il volkswagen, in sei mesi lo abbiamo adibito a fare quello che fa adesso.”
A livello di staff e di organizzazione cosa c’è dietro un simile progetto?
“Il dietro le quinte si rileva essere un lavoro spesso più grande e faticoso di quello che si percepisce da davanti.
La continua ricerca e formazione di staff preparato ed in sintonia con lo spirito del Farinel è un’impresa faticosissima. Impegna molto tempo ed in più bisogna avere molta fortuna nel trovare persone serie e motivate.
L’organizzazione e la logistica richiesti dalla partecipazione ai vari eventi è un lavoro a volte paragonabile a quello dei super eroi. È VERAMENTE molto duro ed impegnativo stare dietro a TUTTO quello che comporta il mondo dello Street Food. La cosa fondamentale è senz’altro AMARE questo lavoro, altrimenti si getta la spugna in men che non si dica.
Bisogna inoltre avere una grossa attrezzatura, ed essere in grado di reinvestire costantemente nel progetto.”
Ci spiegate cos’è una miassa e come si presenta?
“Le Miasse sono una specialità ultracentenaria della nostra zona, il Canavese. Si presentano come delle specie di cialde/piadine di polenta cotte su antichissimi ferri che vengono precedentemente arroventati con il fuoco. Tradizionali di alcuni paesini montani, si usa farcirle con formaggi e salumi locali. A mantenerne viva la tradizione sono sfortunatamente in pochi, spesso molto anziani e fortemente legati alla vita contadina del luogo.
Sono un prodotto unico nel loro genere, che negli ultimi anni è finito un po’ nel dimenticatoio. Noi non solo abbiamo voluto riportarlo alla ribalta ma lo abbiamo anche arricchito con nuove ricette e nuovi prodotti sempre e solo legati alla tradizione ed alla qualità contadina canavesana.
Inoltre per la prima volta nella storia delle miasse, qualcuno si sta impegnando nel farle conoscere in tutta Italia e non solo. Ne siamo molto fieri ed orgogliosi ed ancora oggi, a distanza di 3-4 anni, nessuno è riuscito a copiarci nonostante ci stiano provando. Ma a parte i vecchi guru della nostra zona per ora non abbiamo rivali.”
Da quando avete iniziato la vostra attività ad oggi cos’è cambiato?
“Da quando è partito il tutto il cambiamento più grosso è stato senz’altro il boom dello Street Food e di tutte le sue manifestazioni annesse. Da una parte ha contribuito a spararci anni luce in avanti nel farci conoscere a livello nazionale e nel farci raggiungere il successo, dall’altra invece ci sta mettendo seriamente a dura prova.
Gli organizzatori di questi festival sono sempre più incalliti, agguerriti e pretenziosi nei confronti degli operatori e in molti faticano e faticheranno sempre di più nel seguirne il boom e nello stare anche solo a galla. I costi per le partecipazioni ad eventi legati allo Street Food stanno diventando assurdi e molta gente presto sarà costretta a cambiere strada. Per fortuna questa è una delle più grandi fortune di avere le RUOTE.
Per il resto si continua a combattere per la semplificazioni di leggi e regole che cambiano da comune a comune che purtroppo contribuiscono solo a complicare le cose ed a confondere le persone. Ma si sa…l’Italia è alternativa al logico ed al sensato.”
Da nord a sud lo street food italiano non ha niente da invidiare al resto del mondo. Ma dalle più classiche pizze e piadine ai più ricercati arrosticini abruzzesi ed olive ascolane la miassa ha secondo voi il potenziale per entrare a far parte tra queste grandi celebrità della cucina del nostro paese?
“La miassa è un prodotto con un potenziale enorme. Se fosse nata in una zona più turistica rispetto a quella dove ha avuto luogo, avrebbe potuto tranquillamente essere alla pari, se non di più, della piadina. Noi nei vari festival siamo spesso parcheggiati vicino a colleghi che fanno pizze, piadine, olive e arrosticini, e dobbiamo ammettere che spesso e volentieri…la miassa vince!”
Tra il vostro logo ed il volkswagen sembrerebbe che siate molto legati alla vostra immagine ma nell’aspetto pratico quanto conta?
“Noi siamo Farinel on the Road e farinel in piemontese significa persona sveglia, furba, scaltra e a volte malandrina. Lo si usa spesso verso i bambini più vispi e furbi rispetto ai coetanei.
I nostri mezzi e la nostra immagine sono da farinel al 1000%100. Non cambieremmo per niente al mondo questa forma e forse senza di essa non avremmo avuto il successo che abbiamo.
Il nostro logo e le nostre magliette (quando le abbiamo) sono state fatte da un nostro caro amico che ci conosce bene e che con un po’ di inventiva è riuscito a mettere il tutto su di una bandiera in stile pirata che amiamo molto.”
Ormai gironzolate per tutt’Italia. E all’estero invece?
“L’estero è una nostra futura sfida, anche se a dire il vero siamo già stati in Francia ad un enorme raduno Volkswagen due anni fa. Quest’anno forse ci saranno altre possibilità ma sicuramente ricapiterà.”
Sogni e progetti nel cassetto?
“Tanti…a volte troppi! Per quest’anno al primo posto c’è senz’altro quello di diventare genitori. Se tutto va bene a settembre ci sarà un altro/a piccolo/a bel Farinel on the World. Olè! Il resto verrà da se, anche se sinceramente ci piacerebbe molto incontrare qualche magnate della ristorazione o del petrolio che si innamori del nostro progetto e che ci aiuti ad esportare le miasse in tutto questo mondo….per la luna possiamo aspettare!”