Fenomenologia del Joker

L’evoluzione del Joker dal damerino grottesco di Romero al metallaro glam di Leto.

di Andrea Carobbio   –   In questi mesi si è parlato molto del Joker in versione Jared Leto che sarà tra i protagonisti di Suicide Squad, nuovo cinecomic a firma David Ayer con tutti i cattivoni della DC, in sala fra poco più di un anno – anche se c’è pure chi sostiene che la foto sia un fake, mentre si tratta semplicemente di un fenomenale espediente di marketing, come lo è stato qualche settimana fa il trailer “rubato” di Batman vs Superman. E infatti giù commenti, insulti, giubilo e piagnistei da parte di fan o semplici frequentatori, eccitati o irritati a seconda dei gusti per questa nuova versione del Joker. Che alla fine importa poco, perché il succo è: una pubblicità pazzesca per il film.

Di certo questaennesima reincarnazione cinematografica del personaggio creato da Jerry Robinson rompe prepotentemente con le precedenti, nel senso che ne estremizza e ne imbarbarisce totalmente la figura. Il Joker di Leto – questo Leto – perde del tutto ogni carattere ironico e bizzarro, ma anche quello più inquietante, e diventa un banale tamarro di periferia che si è dimenticato di passare dal solarium (c’è chi lo associa alla figura di Marilyn Manson). E va bene stare al passo coi tempi, ma c’è un limite. Se no allora alla prossima facciamo anche Batman col barbone e la bat-reflex e Robin coi risvoltini.

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E’ normale che un personaggi rispecchi in qualche modo il contesto – anche estetico – dell’epoca in cui è modellato. Il primo Joker che si sia visto su un schermo, quello interpretato da Cesar Romero nella mitologica serie tv britannica Batman andata in onda tra il 1966 e il 1968, oggi appare molto più ridicolo che spaventoso. Non solo per quanto riguarda il look, che farebbe impazzire un qualunque patito di vintage – completo rosè con pantaloni a righe e vita alta, gillettino su camicia a collo stretto, capelloni cotonati e quei baffetti a cui Romero non voleva rinunciare e che spuntavano surreali sotto il trucco bianco – ma anche per il modo di recitare estremamente farsesco a teatrale. Voluto, certo. Ma non propriamente memorabile. Questo non significa però che un personaggio col tempo finisca per essere necessariamente superato.

Il Joker di Nicholson – parliamo del primo Batman di Tim Burton – è uno dei migliori villain di sempre della storia del cinema, e lì ci resta. E’ crudele, è divertente, è spietato, è folle – un mix letale tra il Jack Torrance di Shining e Charley Partanna de L’onore dei Prizzi. Riesce ad essere insieme terrificante e simpatico. Difficile trovare qualcosa di meglio (o di peggio) in giro. Lo stesso Heath Ledger non arriva a quelle vette. So che questo significa attirarsi maledizioni di varia natura, perché il suo Joker cupo e violento è stato, ed è molto amato. Il problema però sta nel fatto che il suo personaggio, coerentemente al tipo di narrazione iperrealistica adottata nel filone dei Batman firmati da Nolan – una benedizione, sia chiaro, dopo i disastri di Joel Schumacher – perde totalmente il suo lato grottesco, schizoide, umoristico. E di conseguenza parte del suo spessore. Anche se bisogna ammettere che quel ghigno deturpato passato negli anni dalla bocca di Romero, a quella di Nicholson, assume sulle labbra Ledger una sorta di perfezione, e racchiude in sé come un compimento evolutivo del personaggio, un misto di malvagità e disperazione. Speriamo che Leto e i suoi tatuaggi da zarro non si portino via tutta questa, violenta poesia.

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