[INTERVISTA] Un anno di Ex OPG Occupato – Je so’ pazzo: “Aggregare per creare”

Che cos’è l’ ex OPG Occupato? E’ un’idea che diventa realtà grazie alla devozione di persone come noi, studenti, lavoratori, pensionati, bambini che con un atto di volontà sono stati in grado di realizzare qualcosa di bellissimo, di socialmente utile e politicamente impegnato.

La struttura si trova a Via Matteo Renato Imbriani, zona Museo di Napoli e nasce come un convento, diventato poi un ospedale giudiziario e successivamente quello che è attualmente, ossia un centro polifunzionale in cui è possibile godere di vari servizi e svolgere attività di ogni genere. Tentare di descrivere le sensazioni che si avvertono entrando in un luogo come questo è davvero difficile: la spiritualità che anima i corridoi e le pareti, la civiltà e la collaborazione reciproca che traspaiono limpide e genuine tra i gruppi di ragazzi che si possono incontrare lì. L’ ex OPG Occupato è tutto questo, e la sua vocazione aggregativa si declina in diverse proposte. Considerando la natura iniziale della struttura, si può comprendere la grandezza e la particolarità degli spazi, oggi sfruttati in toto per tutte le attività che vengono quotidianamente svolte. E in verità si resta un po’ spiazzati al pensiero che un posto occupato prima da ex detenuti, accolga oggi un asilo nido, un ambulatorio gestito da medici volontari, un doposcuola per bambini, laboratori musicali e teatrali, un corso di fotografia, assistenza legale per tutti i lavoratori bistrattati, una palestra e tantissimo altro. Per non parlare del fatto che attualmente l’ ex OPG Occupato è diventato a tutti gli effetti un locale del week end che organizza serate, invitando artisti influenti sul panorama musicale e non, registrando partecipazioni che contano spesso più di 5mila persone! Tutto completamente autofinanziato o comunque supportato dal mutualismo di quelli che partecipano a questo progetto. L’idea è proprio quella di dimostrare, infatti, come si possano garantire a tutti dei servizi di questo genere senza che il cash inquini le dinamiche e le intenzioni.

Ex OPG Occupato

Ad accogliermi e a spiegarmi un po’ come è nato tutto questo sono quattro studenti universitari del “Teatro Popolare”, con cui ho trascorso il pomeriggio a chiacchierare e a visitare i luoghi principali della struttura. Sembra un’utopia, ma incredibilmente tutti si adoperano concretamente per dare un proprio contributo, dai ragazzi che lavorano la calce, a quelli che montano gli specchi nella palestra che si inaugurerà a breve, agli artisti che dipingono le mura rovinate. Prima di rispondere a qualche domanda, mi fanno vedere l’aula studio, gli spazi che prima erano utilizzati per le ore d’aria concesse ai detenuti (in cui, tra l’altro, sono state girate alcune scene di Gomorra), il chiostro, il teatro e il campo da calcio e, dopo qualche tiro a un supersantos, ci raccogliamo nella “camera del Lavoro” adibita alla consulenza legale gratuita.

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Come è nato questo progetto e come avete affrontato le difficoltà dell’occupazione?

“L’idea nasce per cercare di trovare nuovi spazi al fine di portare avanti discorsi politici che si differenziano poi in diverse modalità quali l’arte o lo sport. Il tutto per sfondare i confini in cui di solito vivono i gruppi politici, quindi era arrivato il momento di fare questo passo. Inizialmente siamo stati sotto rischio sgombero però c’è da dire che abbiamo avuto un’incredibile partecipazione e una solidarietà da parte del quartiere e delle persone in massa.”.

Quindi siete supportati da molti?

“Si ed è una cosa strana nel senso che occupare questo posto non è un’idea che nasce da noi ma nasce vent’anni fa a Napoli, quindi tutto fa parte di un vero e proprio processo che, del resto, viene condiviso anche da altre organizzazioni come la nostra con cui noi abbiamo continuamente un dialogo, anche se siamo diversi. Il precedente comune è sostanzialmente quello di occupare degli spazi per ridarli al quartiere e alla società in generale concedendo servizi che portano con loro un messaggio: noi li forniamo gratuitamente per aggregare. Le attività che svolgiamo non si propongono di sostituirsi ad un servizio che non funziona, ma di dimostrare che queste cose si possono fare con la volontà e la collaborazione e che è possibile riappropriarsi di diritti che ci vengono negati tutti i giorni senza neanche accorgercene, come la sanità, il lavoro, fino ad arrivare all’arte. Il tutto si basa sul mutualismo e l’obbiettivo è che sempre più persone abbraccino questo tipo di mentalità. Le cose si possono fare se c’è una volontà popolare alla base”.

Ex OPG Occupato

La programmazione delle attività quindi la fate voi, ma come fate a contattare i vari artisti? So che ultimamente sono venuti Edoardo Bennato e Tony Tammaro.

“Siamo tutti organizzati in gruppi in base al “settore”. Visto che i militanti più “navigati” sono tendenzialmente già inseriti in un contesto artistico e culturale, i contatti in realtà preesistevano e si sono solo allargati alla luce di uno spazio così grande come il nostro, che comunque garantisce una risonanza sicuramente mediatica”.

Mi avete parlato di risonanza mediatica. C’è qualcuno che si occupa di pubblicizzare voi ed i vostri eventi?

“Il verità non ci preoccupiamo di chiamare ad esempio i giornalisti per sponsorizzarci, a meno che non si tratti di episodi in cui è necessario richiamare l’attenzione pubblica su temi di particolare sensibilità. Ad esempio il 25 aprile ci sarà un corteo antifascista coordinato dalla rete antifascista di Napoli, che fa politica su tutto il territorio e si occupa quindi anche della pubblicità della manifestazione contro gli attacchi che hanno subito anche ragazzi delle nostre schiere”.

Prima al bar della struttura ho visto moltissimi ragazzi bere il caffè e fumare una sigaretta, quindi questo, oltre alle altre cose, è anche un luogo di ritrovo?

“Oggi, nonostante sia sabato, lo vedi molto trafficato perché è giornata di lavori interni e ci sono molti ragazzi che vengono a contribuire. Ma la cosa bella è che tanti bambini o comunque adolescenti vengono qui a prescindere dalle attività che svolgono quotidianamente e sanno che devono rispettare delle regole di convivenza con noi. In ogni caso puoi vedere persone di tutte le età, ad esempio c’è Claudio, un signore sessantenne del quartiere che ci sta aiutando coi lavori e, essendo un mastro, ci sta insegnando tutti i trucchi del mestiere”.

Ex OPG Occupato

Voi fate parte della compagnia teatrale. Come è organizzato il teatro dell’Ex Opg “Je so’ pazzo”?

“La compagnia l’abbiamo fondata proprio noi e ci muoviamo lungo tre direzioni: la prima si può riassumere nel voler riportare il teatro in strada e riportare la strada al teatro, creando un dialogo col quartiere e sensibilizzando le persone affinché capiscano che il teatro non è un’arte elitaria ma un diritto; la seconda è quella di instaurare una nostra linea artistica che stiamo provando a riversare in uno spettacolo teatrale prodotto da noi autonomamente; infine la terza è dare uno spazio a compagnie o gruppi teatrali che sono nella nostra stessa condizione. Il nostro gruppo comunque è molto composito, perché nasce da un gruppo politico a cui a mano a mano si sono aggiunte persone interessate al teatro”.

Mettete in scena cose vostre o riproducete lavori di altri artisti?

“Adesso stiamo mettendo in scena qualcosa di totalmente autoprodotto. E’ uno spettacolo complesso che non possiamo del tutto rivelare, ma che si basa sostanzialmente sull’abbattimento della quarta parete ed ha come tema la manipolazione dell’informazione da parte dei media. Abbiamo preso spunto da Pirandello e Paolo Rossi perché vogliamo che il pubblico partecipi e sia attivo nella scena. Per le prove abbiamo lavorato nel parco Ventaglieri e abbiamo coinvolto quante più persone possibili, anche le signore affacciate ai balconi! Lo scopo di questo lavoro è mantenere una certa orizzontalità nel processo creativo facendo si che lo spettacolo sia realizzato in maniera “corale”. Il laboratorio, comunque, è diventato attivo a febbraio ed è iniziato con un bando pubblico a cui hanno partecipato tutti gli interessati, anche gente in età avanzatissima. Oggi siamo diciassette nella compagnia e ci sono anche ragazzi che non hanno mai avuto a che fare con il teatro ma che, in ogni caso, nutrono questa passione”.

Perché il nome “Teatro popolare”?

“Il nome nasce da un incontro con Riccardo Talento, creatore del teatro popolare in un quartiere argentino, il quale, nutrendo i nostri stessi ideali, ci ha ispirato e ci ha reso suoi “figli”. Non ci sono gerarchie, non ci sono capi e tutti siamo riusciti, insieme, a fare dei passi in avanti in base alle esperienze e alle capacità di ognuno. A luglio ci sarà un’anteprima del nostro primo spettacolo… la potremmo chiamare la “data zero”, speriamo bene!”

Come stanno andando le serate che organizzate nel week end?

“Considera che a Pasquetta eravamo più di diecimila persone e la cosa sconvolgente è che, nonostante non vi fosse la sicurezza, abbiamo svolto tutto nella massima tranquillità. Ovviamente non siamo dei professionisti e la gente ha dovuto aspettare un po’ per un panino, ma alla fine ci è andata bene visto che c’è la pizzeria qui sotto, perché i più impazienti hanno ripiegato lì. Del resto siamo anche stati contenti, ci si aiuta a vicenda e questa è la politica collaborativa che intendiamo incentivare!“.

Ex OPG Occupato

Avete, in generale, altro in cantiere che metterete in piedi prossimamente?

“Si, stiamo organizzando una Jam di scrittori indipendenti che sostanzialmente non hanno uno spazio per far conoscere le proprie opere. Tante persone ci hanno chiesto di collaborare e abbiamo pensato a questa occasione per coinvolgere tutti e mantenere sempre aperto il dialogo. L’idea è quella di creare una rete di scrittori ‘solitari’ disposti a mettersi in gioco e noi li supportiamo in pieno!”