Pianeta Africa: l’incomunicabilità dell’esilio e le maschere dell’Occidente 

Un documentario su cinque registi contemporanei e un cult del maestro Ousmane Sembène per la rassegna dedicata alle problematiche e alle prospettive del cinema africano.

_di Lorenzo Giannetti 

“Esilio” è una di quelle parole che al giorno d’oggi percepiamo come auliche, pittoresche, desuete. Una parola dell’eco lontana e dall’aura poetica, vincolata alle pagine della Letteratura e della Storia, a personaggi illustri accomunati da un destino beffardo e crudele. A ben vedere però, è una questione di semantica, perché in un contesto storico privo di punti di riferimento come quello odierno – dove il numero di coloro abbandonano la propria terra in cerca di fortuna o salvezza è diventato una questione globale e dove la figura del migrante è al centro del dibattito politico – il termine e il concetto di esilio sono quanto mai attuali.  È l’esilio ai tempi del post-colonialismo, certo, aggiornato ai contorni indefiniti di un Mondo Nuovo: volontario ma anche inevitabile?

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Attraverso la selezione del documentario Imaginaires en exil. Cinq cinéastes d’Afrique se racontent (che racconta l’afflato politico del cinema africano contemporaneo) e dal film La noire de… di Ousmane Sembène (pietra miliare della filmografia africana) gli spunti di questo nuovo appuntamento con la rassegna Pianeta Africa, intitolato appunto Cinema dell’esilio, risultano quindi complessi quanto stimolanti.
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“La curatrice Grazia Paganelli ha davvero ben declinato il concetto cardine dell’esilio, affiancando queste due pellicole” sottolineano nell’introduzione alle proiezioni la prof.ssa dell’Università di Torino Cecilia Pennacini e la regista Daniela Ricci, esperta di cinematografie d’Africa (insegna cinema all’Università Sorbonne Nouvelle Paris e dal organizza a Savona il Festival Uno sguardo all’Africa) nonché autrice del documentario in programma.

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Se la pellicola di Sembène è ormai oggetto di culto in ambiente accademico e cinefilo, la filmografia africana fa ancora molta fatica ad imporsi all’attenzione del grande pubblico: si tratta quindi di una occasione preziosa per inquadrare l’argomento, a partire proprio dalla disamina del doc della Ricci.
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“Un’identità transnazionale si fa strada attraverso questi ritratti” commenta la Pennacini. Le testimonianze dei registi Newton Aduaka, John Akomfrah, Haile Gerima, Dani Kouyaté e Jean Odoutan – raccolte tra Africa, Europa e America – si intersecano nel corso di una narrazione scarna ma (proprio per questo) verace e veritiera oltre che funzionale. Emergono da un lato la voglia del cinema africano – militante e febbrile, palpitante, vivido – di ritagliarsi il suo spazio e costruire la sua poetica, dall’altra il concetto di pluralità dell’esilio. Si consiglia di integrare quest’ultimo aspetto col saggio “Doppia Assenza” dello scrittore Abdelmalek Sayad, che mette in luce come e quanto l’esiliato diventi estraneo sia al luogo d’origine (che abbandona e in qualche modo tradisce) sia nel luogo d’arrivo (dove è marginalizzato).
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Interessante poi riflettere su come quest’ondata di cinema “civile” africano sia anch’essa alla ricerca di una identità propria, per affrancarsi dai dettami americani; e notare, inoltre, come un cinema fatto principalmente (quasi esclusivamente) da uomini spesso e volentieri metta al centro l’universo femminile e abbia come protagoniste le donne, le problematiche di madri, mogli e lavoratrici.
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Anche in questo senso, l’importanza storica di La noire de…, che nel ’66 ha imposto il cinema sub-sahariano all’attenzione della critica internazionale, è ormai ampiamente riconosciuta e argomentata. La storia della giovane Diouana è una storia piccola – una storia come tante, purtroppo, di ieri e di oggi – ma densa di significati. Allettata dalle bellezze del Costa Azzurra, Diouana abbandona una vita semplice e modesta ma tutto sommato felice nella periferia di Dakar e finisce a lavorare come domestica in una famiglia borghese di Antibes. Orgogliosa e ingenua allo stesso tempo, la ragazza si scontrerà con una routine annichilente, col razzismo dimesso della classe media, fino a perdere prospettive, stimoli, radici e dignità, per chiudersi in un malessere amplificato dal suo mutismo, che diventa assordante dal tragico epilogo di sangue.
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In un climax straniante e a tratti disturbante, stemperato (o enfatizzato?) dai flashback lontani dalla prigione casalinga, La noire de… affronta, tra gli altri, il tema dell’identità del migrante e dell’incomunicabilità dell’isolamento, come a sublimare il discorso iniziato con le parole dei cineasti africani contemporanei e a ricordarci che il dramma dell’esilio, no, non appartiene soltanto ad un passato romantico.
 
Dopo la distribuzione dapprima in Francia, il documentario Imaginaires en exil. Cinq cinéastes d’Afrique se racontent è ora disponibile anche in DVD.
(08/02/2016)