Il dandy del trip hop in concerto della motorcity.
“How can I be sure, in a world that’s constantly changing” sussurrava al mondo un allora poco più che esordiente Tricky in Aftermath. Era il 1995, il trip hop non era ancora diventato materiale da classifica e con l’uscita del seminale Maxinquaye il giovane Tricky Kid raccontava la sua Bristol Paranoica.
Nel 2015, a distanza di vent’anni, tra pietre miliari e cali d’ispirazione, Adrian Thaws – questo il nome all’anagrafe di Tricky, che intitola così il suo ultimo disco – sembra in effetti non riuscire a stare al passo coi tempi in questo mondo (anche, musicale) in cui tutto scorre senza sosta. A Torino, il sangue misto classe ’68 arriva a distanza di sette anni, “dai tempi d’oro del Traffic Festival” si commenta alle porte dell’Hiroshima Mon Amour, in coda per accaparrarsi l’ultimo biglietto di un sold out che arriverà di lì a poco. La tabella di marcia annunciata dagli organizzatori di Flux Agency è rispettata, per venire incontro alle “levatacce del lunedì mattina”. Dopo il warm up affidato al live dei torinesi Dropp ed alla selecta di Tommaso Colella del Mobbing Party, di fronte ad un pubblico – diciamo – ampiamente maggiorenne (molti i nostalgici e i curiosi, meno i nuovi adepti) sale sul “ring” Mr. Tricky. Tuta e sneakers, incappucciato e con le spalle al pubblico come un boxeur, rintanato nell’angolo in attesa della campanella: sigaretta di rito al posto del beverone energetico, cover strumentale di Sweet Dreams per la passerella introduttiva.
Set dall’appeal più rock che elettronico, con chitarra e batteria fin troppo invasivi, a dispetto dei bassi. Tricky – come di consueto – non ha mezze misure e sul palco alterna momenti catatonici in cui il suo contributo alla performance consiste nel sillabare di tanto in tanto al microfono, ad altri nei quali si lascia possedere dalla musica trasformandosi nel crooner-sciamano dei tempi del Mucchio Selvaggio. Con le attenuanti del caso dettate dallo stato febbricitante, sono comunque troppi i momenti di défiance del Kid?
Tricky or treat? A questo punto risulta imprescindibile il contributo della corista/vocalist di turno: si ritaglia i suoi spazi l’ammaliante mc olandese K Bleax che sostituisce in corner l’indo-francese Ajeya… Forse anche per questo la sensazione è quella di trovarsi di fronte ad un set un po’ raffazzonato, oltre che ad un performer non in gran forma. Uno strano ibrido, tant’è che il pubblico sembra non capire bene dove Adrian Thaws – questo illustre sconosciuto – voglia andare a parare, nonostante l’apprezzabile gestione di palco da parte dei tecnici di Hiroshima e la bontà della combo messa in piedi dalla crew di Flux. Manca quel tocco magico e malsano alle atmosfere electro: il groove narcolettico, la trance indotta. Ma neppure impensieriscono le sfuriate crossover ruock-con-la-u, al di là delle scapocciate a tempo. Il fascino maudit del Knowle West Boy vacilla. La scaletta orfana di molti cavalli di battaglia non guarda al passato e così fa Tricky: Adrian tira dritto, un po’ in affanno, come un pugile alle corde che tira colpi a vuoto e nuovamente si rintana nel suo angolo: questa volta è solo K.O. tecnico, ma attenzione ché il futuro é proprio dietro l’angolo e gli altri picchiano duro.
Ringraziamo Andrea Marchetti per la gallery fotografica.