The Passenger a Parigi: l’ultimo viaggio letterario del 2020 con Iperborea

La raccolta di inchieste, reportage letterari e saggi narrativi della casa editrice Iperborea è una polifonia di voci e fotografie orchestrata dalle testimonianze di scrittori, giornalisti, studiosi, esperti locali e internazionali che accompagnano i lettori nell’incanto – e nel disincanto – della vita contemporanea nella Ville Lumière.

_di Federica Bassignana

The Passenger cammina per il mondo, osserva, ascolta e racconta: la collana di Iperborea che alimenta e tiene viva la curiosità e la passione dei lettori per il viaggio si addentra nel cuore della capitale dell’arte in ogni sua sfumatura, forma e declinazione: Parigi.
In un anno che tanto si è imposto in termini di costrizioni e limiti e in cui viaggiare era possibile solo nello spazio dell’immaginazione e nel tempo del ricordo, Iperborea ha ampliato per i suoi lettori quello spazio e quel tempo, accompagnando per mano gli esploratori del mondo nel corso del 2020 in India, Turchia, Svezia e, infine, Parigi.

 

In questa ultima uscita editoriale, viene dipinto lo sfaccettato ed eclettico quadro contemporaneo della capitale francese: in ogni capitolo si propone il punto di vista attento e accurato sui più diversi aspetti che imprimono il carattere della città. Ma se è vero che spesso la realtà supera la fantasia, il viaggio dei lettori non è accompagnato solo delle parole degli autori ma anche dalle fotografie realizzate da Cha Gonzalez, fotoreporter e documentarista, parigina di nascita, cresciuta a Beirut e tornata a Parigi per studiare fotografia e videomaking all’École nationale supérieure des arts décoratifs.

Ad aprire il libro, il pezzo dell’architetto e critico d’arte Thibaut de Ruyter che presenta Parigi come un organismo complesso, vivo e cangiante che si può raccontare da diversi punti di vista: l’architettura, le abitudini, l’illuminazione, il profumo della metro e il legame tra pietra e potere per riflettere sulla tradizione dei grandi progetti presidenziali per lasciare una traccia costruita, edificata e immortale nella città – nel caso del suo articolo, il Center Pompidou. De Ruyter cita Baudrillard e parla degli effetti Beaubourg, con uno sguardo lucido e attendo sul presente in cui il potere architettonico, economico e culturale risiede ormai in fondazioni private, macchine di dominazione del pubblico con e attraverso il denaro, per cui non è più l’avanguardia a guadagnarci.

Dall’architettura alla storia politica e sociale: Ludivine Bantigny, docente all’Università di Rouen che si occupa di storia dei movimenti sociali e della lotta politica riflette su come l’essenza di ogni rivolta sia far apparire i luoghi sotto altre prospettive, indurne una metamorfosi, dar loro un nuovo senso.

E così, gli Champs Élysées, da viale del lusso e del potere si trasformano nel palcoscenico delle proteste dei gilet gialli: il cuore delle strade di Parigi diventa il simbolo del malcontento e dell’odio di una parte della popolazione che grida ‹‹On est là››, siamo qui, e ridimensiona il vertice estremo del potere, polo di attrazione di ricchezze e metafora della vertigine delle ineguaglianze.
Parigi è anche una città in cui si intrecciano storie e culture e in cui anche un altrove lontano può affondare nuove radici. È qui infatti che vive la più grande comunità cinese d’Europa e per capire lo spaccato del senso di appartenenza di ciò che significa essere cinesi e francesi allo stesso tempo, Tash Aw, giornalista per tra gli altri, The New Yorker, London Review of Books e The New York Times dialoga con Rui,
Laetitia, Daniel ed Emma, giovani cinesi divenuti francesi. Il capitolo racconta una nuova generazione che concilia i valori della tradizione francese con le loro origini asiatiche in un incontro tra culture e abitudini che, se degenera in scontro, sfocia nella forma più alienante e spietata del razzismo e dell’esclusione.

Il libro prosegue con un focus su un ulteriore aspetto caratterizzante dell’arte di Parigi: la gastronomia. Lo scrittore e chef Tommaso Melilli accompagna nell’universo del gusto alla scoperta della bistronomie, termine coniato dal giornalista gastronomico con la faccia da marinaio, Sébastien Demorand che un giorno, forse addirittura saltando in piedi su una sedia, ha annunciato che la tradizione che aveva portato l’alta gastronomia al bistrot aveva un nome. Questa rivoluzione culinaria di questi ultimi vent’anni ha portato una generazione di cuochi a introdurre l’alta cucina tra i tavoli di quartiere, stanchi della rigidità degli ambienti dei ristoranti stellati.

E poi ancora, la giornalista di Le Monde, Elle e The Guardian, Alice Pfeiffer che offre un punto di vista sugli stereotipi legati alla figura della parigina, presentata come una specie di eroina, esente da qualsiasi legge biologica, generazionale o sociale, che non è scalfita da alcuna impellenza della quotidianità: è la donna che tutti conoscono ma nessuno ha mai incontrato perché esiste nella fantasia, matrice dell’immaginario di esportazione della capitale. Al suo posto, la Marianna nera, la Beurette, la Queer e, come dimenticarla, la donna qualunque. Un altro sguardo su Parigi deriva dell’esperienza della scrittrice siriana Samar Yazbek, sulla sua paura di lasciarsi andare verso la città che tanto aveva sognato da ragazza leggendo Joyce, Hemingway, Foucault e Bourdieu.

Parigi era quel luogo indefinito della sua mente, avvolto dal mistero e dall’oscurità con cui poi si è scontrata quando la contingenza della vita l’ha condotta a viverci da esule, attraversando fino in fondo la trasversalità del suo dolore di rifigurata politica, in fuga da Damasco. Una Parigi diversa da quella immaginata, ormai sbiadita nello splendore riportato dai libri, ma riscoperta e apprezzata sotto un’altra angolatura: la lingua. Il giornalista James McAuley, corrispondente a Parigi per The Washington Post, invece, analizza il fenomeno di una crescente islamofobia a Parigi a partire dalla strumentalizzazione politica degli ultimi anni dell’omicidio di Lucie Attal, 65enne e Mireille Knoll, 85 anni – donne ebree sopravvissute al rastrellamento del Velodromo d’inverno, luogo del più grande arresto di massa di ebrei durante l’occupazione nazista.

La varietà di Parigi non ha limiti: il viaggio continua facendo conoscere ai lettori la Sape – Società delle persone eleganti che creano atmosfera –, movimento sociale nato nella Repubblica del Congo e incentrato sul culto dell’eleganza. Ne parlano Frédéric Ciriez, giornalista e scrittore e il sapeur Jean-Louis Samba, imprenditore e consulente digitale: insieme, accompagnano i lettori in un viaggio spaziale ed
estetico per scoprire i codici, i valori, le dinamiche di questo dandysmo nero che si fonda su un semplice regola: volersi bene, mettere al centro il proprio io, distinguersi nell’abbigliamento e pavoneggiarsi in ogni circostanza.

E ancora, Parigi si racconta anche attraverso la sindrome che porta il suo nome: Blandine Rinkel, scrittrice e giornalista, svela l’impatto con il disincanto di Parigi e le difficoltà di adattamento per chi arriva nella capitale da un lontano che poi così lontano non è: la provincia. Nelle sue cronache di ex-provinciale diventata parigina, Rinkel racconta lo scontro con la realtà della città e la sofferenza dovuta alle difficoltà di adattamento in un ambiente che sa essere addirittura spietato verso chi non sa stare al suo passo. Differenti invece i parigini di cui parla lo scrittore Bernard Chambaz, gli ultimi romantici del calcio di una volta che tifano il Red star, la squadra parigina e partigiana del famigerato dipartimento 93 descritto da Ladj Ly nel film Les Miserables: una vera e propria istituzione, da sempre attenta ai giovani e al loro sviluppo culturale e una magia che vi ruota attorno fatta di modestia, gentilezza e dedizione.

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Infine, a chiudere questo poliedrico quadro parigino, i testi di Teresa Bellemo, di Kaoutar Harci e la playlist di Blandine Rinkel: dalla condizione dell’anima delle passeggiate per Parigi, quel flaner con il naso all’insù abbondonandosi allo sguardo di ciò che circonda – e stupendosi di ciò che si incontra – che fa intrinsecamente parte della storia della città, all’inchiesta sulla violenza razziale da parte delle forze dell’ordine, in netto contrasto con i valori di liberté, égalité, fraternité della nazione, sino alla playlist selezionata – disponibile su opone.spotify.com/user/iperborea – che paragona Parigi a un cocktail, una miscela che al suono dei sintetizzatori, cambia.

Su – e ovviamente anche a – Parigi si è scritto molto, ma questa tappa di The Passenger offre una preziosa quanto mai necessaria angolatura critica: l’ampiezza dei punti di vista. Autori diversi e relativi ambiti di competenza diversi gettano luce su quel prisma di fascino e mistero che è la capitale francese, dalla cui dispersione cromatica scaturiscono volti, racconti, profumi, gusti, curiosità, pezzi di storia presenti e passati che costruiscono consapevolezze sul mondo e sulle città che abitiamo, per scoprire, capire, approfondire e lasciarsi ispirare.

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