Le virtù quotidiane di Carlo Ossola

“Per domani ancora”. Vie di uscita dal confino” di Carlo Ossola è uscito per la nuova collana della Olschki. 


_di Alessio Moitre

A che punto fosse il percorso, noi, in quarantena, non sapevamo mai affermarlo. Informazioni inattendibili, timorose ritrosie da fuggiaschi salottieri, affaccendati in competenze non sempre amate. Eppure, nella sanguinosa moltitudine di scritti fuoriusciti nel periodo della “chiusura”, sovente arditi, impettiti e nella sostanza fiacchi da far tremare la pazienza, alcuni hanno saputo in un breve spazio temporale: assistere, analizzare e restituire constatazioni giudiziose frutto di valenti studi. E mentre io guerreggiavo con le macchie impresse sul pavimento del tinello, Carlo Ossola ci donava un libretto appartato, che pissiava per indurci al ragionamento. Mi riferisco a “Per domani ancora”. Vie di uscita dal confino”, che si fregia di ribattezzare la nuova collana della Olschki, “particelle elementari”, già impreziosita da altri titoli che si potranno leggere in chiusura  e ancora adespota.

“Dall’isolamento”, citando il capitolo della prima parte, il nostro, insegnante al Collège de France, con cattedra di Letterature moderne dell’Europa neolatina, parrebbe essersi accomodato su un bricco, dove le missive giungono selezionate. Da quella visuale forse il continente europeo è di una ampiezza che ne fa presagire un estensione anche culturale imponente e sono rimasto soddisfatto di aver trovato il docente sul tema della coscienza europea, nel pressante malessere che attanaglia e fomenta azioni di generazioni differenti.

Il nostro nemico è la morte dell’avvenire”, quanto avrei voluto sentirmelo sussurrare nei tempi liceali, svagato ma verdeggiante d’interesse, mi sarei disperso e poi rasserenato nel rifletterci. Ma forse, al mio studio, mancava l’apporto de “Ricordi”, pagine vergate dall’Imperatore Marco Aurelio, ricordate nella seconda sezione del libro, “Radici”, che annovera anche gemmette fruttifere di un quartetto di ispirevole frequentazione: Ovidio, Gregorio Magno, Dante.

Ed è un farsi trasportare dalla scrittura di collegamento ma anche di raccordo di Ossola, che non pare adeguarsi al lasciar brucare termini che non abbia saggiato e che incubano una terza sezione di saggia tracciatura: “Virtù minime”. A questo livello, se prima c’è stata qualche forma di frenesia, suggerirei di suggere ogni punto, dodici nel complesso, leggendo ogni giorno una parte, come se avessimo in scherno il tempo e nella misura in cui, in effetti, le lancette ci avessero abbandonato nuovamente. Nella pazienza mi sono rinfrescato e se non l’avessi esercitata correttamente, lo scrittore ci chiarisce il compito che ce la farà apprezzare, il “patire”, il prendere su di sé ed è una collassante certezza anche se di scarsa popolarità. E rendersi nuovamente disponibili, lungo il percorso e in altro numero,  a comprendere che “siamo una società che si priva della responsabilità”, nell’accezione latina di “assunzione dell’iniziativa di un dialogo, di un contatto, di una risposta ad una richiesta”.

Carlo Ossola è stato presente in un periodo storico che smaterializzava le aspettative per ricostruirle differenti, indebolite dalla fera tabe  giunta da lontano. Mesi differenti dalla maggior parte di noi. Partecipati, intensi. E mentre il mio alone quasi diafano tondeggia la piastrella, io mi appunto in memoria che qualcuno ha cominciato a ricostruire dove il buonsenso franava.