Al di là di tutto, Sinéad O’Connor

Dopo Pordenone e Parma, il mini-tour italiano di Sinéad O’Connor è passato anche dall’Hiroshima Mon Amour di Torino. Le attese sono state ripagate da un concerto che ha messo al centro la cosa più importante di tutte: la musica.

30 anni fa Sinéad O’Connor irrompeva prepotentemente nel mercato discografico mondiale con un disco che diventò fin da subito un classico istantaneo della musica pop. Un successo straordinario, certificato dalle milioni di copie vendute in tutto il mondo. In quel momento, Sinead aveva 23 anni e già alle spalle una vita a dir poco travagliata, segnata da violenze domestiche, soggiorni in riformatori e arresti per furto. Forse non immaginava nemmeno lei stessa che tutto si sarebbe incasinato ancora di più negli anni a venire. Già, perchè nel frattempo divenne la cantante di “Nothing Compares 2 U” e basta, la sfrontata che stracciò una foto del Papa in diretta tv al Saturday Night Live, una sostenitrice dell’IRA, la “predicatrice” suor Bernadette-Marie e purtroppo anche un’aspirante suicida.

Ha anche rapito sua figlia nel 1999, “rubandola” all’ex marito John Waters, e recentemente si è convertita all’Islam, diventando Shuhada’ Davitt. Circa un mese fa è invece letteralmente scomparso il suo figlio 14enne Shane, per poi essere ritrovato sano e salvo dopo giorni di paura. Insomma, una vita veramente troppo folle, contraddittoria e autodistruttiva, che ha avuto delle ripercussioni tangibili sulla sua discografia, non priva di evidenti scivoloni.

Tuttavia, in molti si dimenticano chi è principalmente Sinéad O’Connor: una delle vocalist e interpreti più talentuose e influenti degli ultimi trent’anni. E il concerto all’Hiroshima Mon Amour di Torino (durato poco più di un’ora) non ha fatto che confermarlo. Sinéad ha interagito poco, limitandosi a qualche grazie ogni tanto. Una scelta apprezzabile: era ora di far parlare le canzoni. Accompagnata da una band di tutto rispetto (classica formazione rock con due chitarre, basso, tastiera e batteria), la riot girl irlandese ha pescato in maniera eterogenea dai migliori episodi della sua carriera.

Sale sul palco con la sua hijab e intona “Queen of Denmark”, cover di John Grant spogliata dell’impianto pianistico e teatrale della versione originale. Dopo alcuni episodi pescati in maniera molto eterogenea dai suoi dodici album (davvero ben riuscite in particolare “Jealous” da “Faith and Courage” e “Reason With Me” da “How About I Be Me (And You Be You)?”), si arriva ad uno dei momenti più emozionanti dell’intero live: una versione a cappella di “I Am Stretched on Your Grave“, in medley insieme a ” In This Heart”.

Brividi, che continuano quando Sinéad attacca i versi:

Margareth Thatcher on TV/ Shocked by the deaths that took place in Beijing/ It seems strange that she should be offended/The same orders are given by her”

“Black Boys On Mopeds” infatti è anche live una ballata folk sempre bellissima. E ancora dal capolavoro “I Do Not Want What I Haven’t Got” ecco l’altra perla “The Last Day of Our Acquaintance”: due semplici accordi di chitarra accompagnano la voce di Sinead mentre racconta la storia del suo primo divorzio, dopodichè si uniscono il basso e la batteria per un’esplosione finale scandita dai “Oh Oh Oh!” di Sinéad. “The Emperor’s New Clothes” è forse la canzone che più risente degli esordi punk, qui proposta in chiave puramente rock’n’ roll.

Merita un capitolo a parte “Nothing Compares 2 U“. Nel 2015 Sinéad aveva dichiarato via social che non l’avrebbe mai più cantata dal vivo con queste parole: “E’ venuto il momento, per me, di smettere di cantare dal vivo ‘Nothing compares 2 U’. La ragione principale è perché non ho mai eseguito un brano nel quale non mi identifichi. Dopo venticinque anni di esecuzioni, circa nove mesi fa ho perso qualsiasi emozione nel farlo“.

Poi, l’ennesimo ribaltone: la sua più grande hit di nuovo in scaletta. E allora, onestà per onestà, diciamo che questo rapporto di amore e odio un po’ lo si è notato durante l’esecuzione. Sempre ad essere sinceri, ascoltare dal vivo QUELLA canzone rimane un’esperienza da poter raccontare ai nipoti. Anche in questo caso, brividi. Siamo arrivati praticamente alla fine: “Hold Back the Night” anticipa il bis richiesto a gran voce, composto dall’ultimissima uscita “Milestones” e da “Back Where You Belong” (facente parte della soundtrack di The Water Horse: Legend of the Deep).

Dopo poco più di un’ora, si chiude un live intenso, serrato, che certifica una cosa: Sinéad O’Connor è viva, e ha ancora qualcosa da dire. Nonostante tutto e tutti. Fidatevi, non è poco.