Code Vein: una sorprendente sete di sangue

Dopo una lunga fase di rodaggio e di anticipazioni non certo entusiasmanti, il soulslike sviluppato da Shift e daBandai Namco Studios ci ha sorpreso per l’estetica, la storia e, naturalmente, il character design.

_ di Mattia Nesto

 Il mondo intorno a noi è ormai in rovina e, privi di ricordi, perfino del nostro stesso nome e della rimembranza del nostro aspetto fisico, ci risvegliamo di fianco ad una misteriosa “ragazza in bianco” che, vedendoci nelle nostre misere e derelitte condizioni, di guida, con fare dolce e voce trasognata, verso un piccolo albero bianco poco più là, all’apparenza secco ma ancora rigoglioso nell’ergersi solitario in una città completamente sventrata.

Inizia così, quasi in punta di piedi e con un intro misterioso e ispirato, Code Vein, il soulslike action-rpg in terza persona di casa Bandai Namco sviluppato da Shif appena uscito. E dire che gli appassionati del mondo del gaming e segnatamente dei titoli ispirati a Dark Souls, conoscevano bene il titolo in questione, viste le numerose beta, alfa e demo che negli ultimi anni sono state rilasciate. Eppure un velo, anzi una vera e propria “stigmate di scetticismo” incorniciava Code Vein e, dobbiamo dirlo, neppure tanto a torto. Infatti in queste versioni preliminari e non definitive, il gioco non si presentava bene: cali di frame impressionati, una legnosità del tasti e una loro non-responsività degna dei peggiori “controlli-tank” di Resident Evil per PS1 e, soprattutto, un’aderenza troppo evidente e pedissequa ai meccanismi e al feeling di Dark Souls.

Ecco dopo aver esplorato per oltre venti ore la regione di Vein, dove è ambiento il gioco, possiamo dirlo con forza come, per noi, Code Vein si attesta come la grande sorpresa videoludica di quest’autunno, quell’underdog dal destino segnato che invece nella sua realase definitiva ci ha impressionato per profondità del proprio combat-system, bellezza dell’estetica dei suoi personaggi e atmosfera di gioco.

Intendiamoci, l’influenza e “debito” nei confronti di Dark Souls è evidente, anzi evidentissimo e a tutti gli effetti Code Vein è un soulslike però a differenza di tanti epigoni con alcuna spina dorsale e nessuna personalità, ha un’anima profondamente propria. Innanzi tutto, partendo dall’estetica, la raffigurazione artistica ispirata ai manga e agli anime trascina il giocatore in un mood molto particolare che fa il paio con uno dei menu di personalizzazione del proprio pg più ricco, stratificato e, perché no, ispirato degli ultimi anni a questa parte. Infatti come abbiamo detto all’inizio di questo nostro focus, in un gioco in cui, letteralmente, noi ci risvegliamo senza ricordi e senza contezza del nostro aspetto, l’importanza del role-play e, soprattutto, del background del proprio personaggio diventa fondamentale.

Ed eccola venirci in aiuto l’editor di gioco che ci permette di creare il personaggio dei nostri sogni. E non stiamo parlando soltanto dal punto di vista estetico, anche se la possibilità di creare la classica “perfect-waifu” è, veramente, a portata di mano, grazie anche agli iconici vestiti e alle colorazioni e sfumature cromatiche che si possono dare ai vari personaggi. Ma la personalizzazione non finisce qui. Infatti la profondità di questo editor permetterà, addirittura, di modificare la forma, la grandezza, il colore e la conformazioni delle pupille, delle iride e delle ciglia, per non parlare poi del trucco del proprio personaggio e della voce. Ultima ma non ultima cosa che si può fare, fondamentale per il discorso precedente legato al role-play, l’editor delle ferite, dei tatuaggi e dei segni sulla pelle che si possono inserire è, praticamente, sconfinato. Siamo certi che, ancora prima di iniziare il gioco vero e proprio, spenderete un paio di orette in questo iconico menu di editing (menzione d’onore poi alla fisica dei capelli, qualcosa di delizioso).

Sì ma il gameplay dove lo mettiamo? Ci arriviamo, non temete. Il nostro compito, molto semplicemente, sarà quello di recuperare il maggior numero di gemme di sangue da consegnare ad una misteriosa quanto inquietante organizzazione/stato di Polizia, desiderosa di mettere le mani su questa riserva ematica per poterla poi “ritornare” come tributo ad una ancora più misteriosa potenza/personaggio che tutto domina e controlla.

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In questa nostra ricerca di sangue avremo la possibilità di fare affidamento sul nostro particolarissimo corredo genetico che, al contrario degli altri, ci permetterà di “impersonare” diversi tipi di “classe di combattimento”: dal guerriero, allo stregone e via così. Ogni classe ha delle abilità e dei poteri propri che si sbloccheranno via via aumentando l’esperienza e raccogliendo materiali, sparsi nel mondo di gioco.   Un mondo di gioco che, va detto, non brilla però per grandissima originalità e per un level-design così ispirato. I “livelli”, oltre a rassomigliarsi quasi tutti, non prevedono grandissimi short-cut o una verticalità à la Dark Souls prima maniera anche se i fondali e l’atmosfera che donano sono spesso da brividi.

Per quanto riguarda ancora il combat-system occorre dire come tra attacchi veloci e scattanti e quelli potenti e caricati, la possibilità di effettuare multipli colpi in aggiunta al pool di magie e abilità proprie, come “il prosciugamento di sangue”, dona una profondità che nelle versioni precedenti del gioco non si riusciva neppure a intuire. È veramente bello combattere in Code Vein, in special modo contro i boss che “brillano” per un’estetica sempre molto seducente, per così dire, e che cattura l’occhio (così come la possibilità di usare un sacco di armi differenti, tra cui anche carabine e spingarde, non fa che aumentare la rosa di scelta a nostra disposizione).

In tutto questo la storia, seppur semplice, si dimostra “con le spalla abbastanza larghe” per poter tenere artigliato il videogiocatore che si troverà ben presto coinvolto e colpito. Non siamo di fronte qui ad una narrativa silenziosa come in Dark Souls, ma le informazioni vengono sempre fornite in modo molto chiaro e diretto. Ciò però non toglie un grammo del fascino di un titolo come Code Vein: partito con il piede sbagliato, il gioco di Bandai ha saputo, letteralmente, imparare dai propri errori, migliorare e migliorarsi via via e convincere sempre di più. Esatto: proprio come chi gioca a Dark Souls, Code Vein “ha compreso” come la sconfitta, o per meglio dire l’apprendimento dei motivi che hanno portato alla sconfitta, faccia parte essenziale dell’esperienza di gioco. Ecco perché la sete di sangue è così soddisfacente in Code Vein no?