Abbiamo intervistato la band inglese che, venerdì 5 luglio, ha aperto il concerto dei Wolfmother in occasione del GruVillage 105 Music Festival: una chiacchierata a bordo piscina, nell’incantevole backstage del festival, tra i riflessi del tramonto sull’acqua ed il sacro fuoco del rock’n’roll.
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_di Roberta Scalise
Hanno avuto l’onore di introdurre un concerto che ha infuocato il parterre del GruVillage 105 Music Festival, attraverso l’energia intramontabile e i ricordi emozionali tracciati dalla celebre band hard rock australiana dei Wolfmother e una set list che ha ripercorso, con vigore, i loro maggiori successi: si tratta degli Electric Pyramid, gruppo inglese dalle sonorità capaci di coniugare “l’eleganza del grunge e la decadenza del pop” e, per tale motivo, autrice dei concerti di apertura dei Queen – nel 2016/2017 – e collaboratrice dei “maghi del suono” fautori dei migliori album di Muse, Supergrass, Massive Attack e Jeff Beck (ossia John Cornfield, Filippo Cimatti e Henry Cross).
Li abbiamo intervistati per scoprirne storia e universo sonoro.
Prima di tutto, qual è l’origine del vostro nome, “Electric Pyramid”, e che cosa significa per voi?
Il nome è il frutto della “serendipity”: ne stavamo cercando uno adeguato, che fosse correlato, in qualche modo, all’“energia”, e, riascoltando le nostre registrazioni, abbiamo pensato che questa espressione fosse quella che meglio rispecchiasse la nostra musica.
È un nome che, quindi, riecheggia proprio l’energia della vita: una forza inclusiva, in grado di coinvolgere tutti i fruitori e non porsi a un livello elitario.
Tra tutti gli artisti del panorama musicale attuale, chi, secondo voi, sta ancora alimentando la fiamma del rock?
Noi [ride]!
A parte gli scherzi, crediamo che, in questo periodo di revival, tutti i generi sonori che ci circondano siano fautori di “energie” – come accennato in precedenza – dissimili, ma essenziali. I Queen, senza dubbio, mantengono ancora la corona!
Per quanto riguarda, invece, i vostri brani: come avviene la gestazione degli stessi? Quando e come comprendete che una traccia funziona?
Quando il processo creativo è in corso, generalmente vi è un momento in cui sorge proprio questa domanda: il brano sta funzionando? Allora, sia in sala sia nel corso dei live, testiamo le nostre tracce e così comprendiamo, attraverso il nostro istinto e quello del pubblico che ci ascolta, se una canzone possa essere idonea o meno.
Nel corso della vostra carriera, avete avuto il privilegio di aprire i concerti di veri e propri “mostri sacri”, i Queen + Adam Lambert: qual è stata la sensazione predominante, una volta sul palco?
Il pensiero è stato: wow! Ci siamo sentiti fortunati di avere la possibilità di girare il mondo – sia con i Queen, sia in occasione dei numerosi festival cui abbiamo partecipato – e di farlo attraverso quello che più amiamo, condividendo energia con chiunque fosse presente: è stata una sorta di vacanza! E ascoltarli ogni sera è stato davvero emozionante: abbiamo avuto, così, modo di carpire insegnamenti e imparare molto.
Vi sono artisti, della scena rock italiana, che apprezzate particolarmente?
Certamente: Vasco! In generale, però, tendiamo a ispirarci alle band americane e a trarre stimoli e influenze anche da generi musicali diversi, quali free jazz, hip hop e molti altri: ognuno di essi è prezioso per arricchire il nostro repertorio sonoro.
Considerati, dunque, i molteplici stimoli d’ispirazione, come definireste la vostra musica?
Semplicemente rock’n’roll. Lo spirito, nonostante le molteplici influenze, è puramente rock.
Quali saranno, infine, i vostri progetti futuri?
Pubblicheremo il nostro album a settembre e poi parteciperemo a numerosi festival, in Giappone, Francia e altri parti del mondo. Non vediamo l’ora!