Sabrina di Nick Drnaso: storia di una perdita

Quest’anno il romanzo esplicito “Sabrina” di Nick Drnaso, portato in Italia da Coconino Press Fandango, ci è entrato, letteralmente, nel cuore. Grazie a pochissimi elementi, una narrazione scarna ma efficace e un disegno essenziale, Drnaso ha raccontato il dolore, la perdita e la mancanza come nessuno in questo 2018.


_di Mattia Nesto


Quante volte sui giornali oppure nei blog che seguiamo leggiamo articoli come “Il sentimento più in voga per l’anno è il disagio” oppure “Il disagio è ciò che accumuna tutto i millennials”. Eppure, se si vanno a scavare all’interno di quegli approfondimenti, si scopre che più che di disagio si parla di mancanza, di perdita, sì insomma di dolore. Perché il disagio è sempre, o comunque nella maggior parte dei casi, una sorta di spia per avvertirci che “qualcosa ci manca per poter essere a nostro agio in questa situazione o quella persona”.

Partendo da qui, da questo enorme mare magnum che è l’essere umano immerso nel mondo contemporaneo, Nick Drnaso costruisce in Sabrina, edito da Coconico Press, un romanzo esplicito praticamente perfetto che ad ogni tavola narra di cosa voglia dire perdere, senza troppi motivi, una persona cara o, ancora meglio, vivere la perdita.

Già perché la trama di questa Sabrina non potrebbe essere più semplice ed elementare. L’azione si muove tutta in una città periferica degli Stati Uniti dove il protagonista, Calvin, lavora presso una struttura militare come soldato-burocrate. Niente azione per lui, a parte qualche partita ad una sorta di FPS (Firs Person Shooter o sparatutto se preferite) assieme agli amici/colleghi di lavoro. La sua vita è monotona e anche piuttosto triste, specialmente da quando, per una serie di incomprensioni e di mancanza di affetto e attenzioni da parte sua, si è trovato da solo, con la moglie e la figlia lontani,
in Florida, scappati per tentare di riannodare i fili delle loro esistenze.

Eppure no, Calvin, non è il vero protagonista così come non lo è Teddy, il ragazzo dai biondi capelli lunghi che, proprio a casa di Calvin, si trasferirà nelle vignette iniziali del graphic-novel per provare a superare il grave lutto. Ecco, esatto, siamo al centro della questione: il protagonista della storia è proprio quel lutto lì, quella perdita, senza spiegazione alcuna, che ha subito Teddy e Sandra, la sorella di Sabrina, la ragazza trovata uccisa brutalmente. Ah, Sabrina era la fidanzata di Teddy.

Quindi adesso i contorni della faccenda si stanno facendo più chiari. Abbiamo tre principali personaggi sulla scena: Calvin, marito “quasi divorziato” solitario e da un lavoro triste, Teddy, ragazzo introverso che ha perso la ragazza e che non riesce a comunicare il proprio dolore e Sandra, sorella della povera Sabrina. Anche Sandra è una ragazza solitaria e che si tiene tutto dentro. E qui è la chiave per comprendere tutta la grandezza di Drnaso. Infatti egli, sempre utilizzando il minimalismo descrittivo che gli è proprio, racconto come questi tre individui, tutti con modi e metodi differenti, si auto-escludano dalla società, in una serie ora goffe ora più inquietanti di modi sempre diversi. Per farlo egli utilizza delle specie di ritornelli, ovvero di scene che si ripetono ogni tot nella graphic-novel, sempre con qualche novità però.

Ad esempio vedremo Calvin che dovrò compilare un test sul livello di stress a lavoro, e a seconda delle sue diverse risposte, sempre molto sincere va detto, comprenderemo meglio il suo stato, poi c’è Sandra che, a seguito del lutto, comincerà a frequentare un “gruppo di ascolto” dove persone di diversa estrazione sociale racconteranno i propri problemi in pubblico e infine, e qui sta la parte più inquietante, abbiamo Teddy che, chiuso nel suo quasi totale isolazionismo, ascolterà sempre più ossessivamente un folle opinionista alla radio, una specie di “predicatore-complottista” che, guarda caso, finirà di parlare proprio anche di Sabrina.

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In un crescendo di pathos che, quasi senza accorgersene, aumenta di pagina in pagina, il romanzo di Nick Drnaso impressiona per la sua estrema qualità in ogni dove, con i personaggi che si muovono in un mondo autentico e mossi da sentimenti che, seppur nell’eccezionalità della vicenda (ricordiamoci che abbiamo pur sempre una morta ammazzata), ci appaiono così veri e reali da provare empatia immediatamente con loro.

Altro discorso poi molto importante da fare è come in “Sabrina” la solutine o, ancora meglio, la mancanza di rapporti sociali, sia analizzata nel profondo, senza alcun tipo di spiegazione sociologica, ma descritta per quello che è: non tanto una scelta consapevole, ma una specie di tracimare degli eventi su di sé, con persone normali a tutti gli effetti che, via via, dall’oggi al domani si ritrovano ad avere come unico rapporto “umano” quello o con un avatar di videogiochi oppure con “presentatori” radiofonici. Insomma il graphic-novel “Sabrina” è uno dei libri dell’anno perché riesce senza mai utilizzare trucchi e trucchetti, a lasciarci con il fiato alla gola in una vicenda che, seppur è molto bloccata nella sua azione, ad un certo punto prenderà una sorprendente svolta thriller, facendo sì che il lettore non staccherà più gli occhi di dosso dalle sue pagine. Quest’arte del togliere, dell’anti-barocco e dell’escavazione gentile dei sentimenti è il grande “lascito” di Draso consegnatoci in “Sabrina”. Per questo motivo non potete proprio perdervela.