Futura 1993 X OUTsiders | Intervista a Brenneke: come lasciarsi alle spalle i compleanni

Quanta malinconia si può nascondere in un compleanno? Edoardo Frasso, in arte Brenneke, soffia sulle candeline e si prepara a farci ascoltare il nuovo album. Nell’attesa Futura 1993 ha intervistato per noi l’artista varesotto.


_di Alice Govoni

Edoardo Frasso, in arte Brenneke, è uno dei cantautori più interessanti del varesotto. Alle spalle ha due EP, un album e un climax inverso di tristezza che raggiunge l’apice nel singolo uscito il 13 novembre, dal titolo “Compleanno”, evitando però di farsi portavoce di una banale allegria e dei canonici festeggiamenti. Chiacchierando con lui ci siamo soffermati su questa uscita, abbiamo parlato del significato che attribuisce alla ricorrenza che accomuna tutti quanti e al fresco mix che spazia dal pop al cantautorato, con qualche accenno all’elettronica. Edoardo si affida alla neonata etichetta Vetrodischi e il 12 dicembre rilascia un altro brano: “Lasciarsi alle spalle”.

Spiegaci la scelta del nome. Brenneke? Wilhelm Brenneke?

Era il 2010 e all’epoca ero un baldanzoso studente universitario. Durante una noiosa lezione di archivistica mi imbattei in questo Adolf Brenneke, un archivista tedesco nato alla fine dell’800, pianista e storico, che passò l’ultima parte della sua vita a scappare dalla guerra ma mantenendo la disciplina tipica dello studioso. Era un periodo in cui stavo cercando di dare forma a questo progetto musicale che avevo in testa e mi piaceva il suono massiccio di quel nome, pensavo mi potesse dare un po’ di concretezza. Sembrava quello di un supereroe. Per la cronaca, non sono mai riuscito a dare l’esame di archivistica, era una mazzata.

Dunque, abbiamo un EP nel 2013 dal titolo “Brenneke”, un album nel 2016 “Vademecum del perfetto me” e infine il singolo “Compleanno” uscito nel 2018. Noto che di anno in anno hai abbandonato sempre più la vena malinconica dei primi brani. Cosa è cambiato in questo lasso di tempo?

È interessante questo progressivo abbandono della malinconia, non ci avevo mai pensato. Credo che dipenda dal fatto che con il tempo il mio modo di scrivere sia diventato più compatto e il mio stile si sia definito di più. All’inizio forse scrivevo canzoni che sembravano composte e cantate con la testa più per aria, quasi in un’atmosfera distratta rispetto ad oggi. In questo senso erano in qualche modo più psichedeliche pur non avendo elementi strettamente psichedelici. Oggi sento la mia musica più ancorata a terra, forse per un bisogno di affermazione.

“Compleanno”, come detto prima, abbraccia sonorità più fresche, più pop. Che periodo stavi affrontando quando l’hai scritto?

Stavo affrontando un periodo piuttosto difficile. Come molte mie canzoni è stata scritta in un lasso di tempo abbastanza lungo che ha toccato diversi mesi, ci metto parecchio per rifinire un’idea da quando la butto giù a quando penso che sia pronta. La preparo, poi ci torno su a pezzettini quando ne ho voglia. L’ultimo anno è stato molto duro professionalmente e artisticamente. Non era chiaro dove stavo andando a parare e sono entrato in un loop complicato da gestire. Credo che “Compleanno” sia in fondo una riflessione sulla vulnerabilità, sulla delicatezza del tempo, però portata in forma canzone con un senso di rivalsa che in quel momento mi serviva e che mi ha fatto bene.

Nel testo della canzone ti definisci “solo un numero nel calendario”. Ecco, io credo che i compleanni abbiano questo doppio potere: farci sentire unici e speciali per un giorno ma anche, appunto, dei semplici numeri sul calendario. Come la vedi?
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I compleanni sono malefici! È un giorno stranissimo, in cui la gente ti celebra e ti fa gli auguri per il futuro ma tu interiormente sei tutto orientato al passato. Non è una festa collettiva: è la tua festa. La comprendi solo dall’interno. C’è molta solitudine in questo senso. Molto più di qualsiasi altra ricorrenza, è la giornata che ti porta a focalizzarti sui bilanci. Quindi è anche quella che più di ogni altra fa riflettere su cosa hai perso per strada e cosa hai trovato, sul rapporto con gli altri, tutti quelli che hai incontrato lungo il percorso anche per poco. È un giorno che porta riflessioni sul concetto di esperienza. Nella canzone ho seguito questo filone tematico, presentandolo però con un vago senso di ironica impotenza. È come se il narratore fosse talmente sbalordito dalla violenza del tempo che scorre da fare fatica a mettere a fuoco tutti gli elementi che descrive. La domanda che emerge è sempre la solita: a che punto siamo? La risposta non c’è ovviamente. Anzi la risposta c’è: è la stessa celebrazione della domanda. È la canzone. A che punto siamo? Nelle canzoni.

Parlaci del video!

Questa è una storia molto bella. Avevo visto il lavoro di Alessandro Radaelli, giovanissimo filmaker di Milano, e mi era piaciuto molto. Devi sapere che come ogni buon musicista alternativo inseguo le scadenze con una soggezione cosmica. Questo fa si che procrastini tutto senza pietà, non proprio per scelta però. Il risultato è che l’ho contattato all’ultimo per girare questo video, che ci occorreva con una rapidità fotonica.

Ha partorito il tutto con una lucidità impressionante, gli ultimi ritocchi li abbiamo definiti la sera stessa delle riprese, in un’atmosfera esplosiva. Girarlo è stato una sfida per me perché doveva essere un piano sequenza in cui tutto filava liscio dall’inizio alla fine e tra la torta, le candeline, la pioggia, la luce, i cambi di tempo è stata quasi una gara, ma è stato davvero tutto perfetto. Trovo interessante che questo personaggio di provincia vestito di jeans guarda l’interlocutore e fa il punto della sua vita. Credo che somigli davvero ad un dialogo tra due amici.

Tralasciando le pietre miliari, c’è qualche cantautore emergente con cui ti piacerebbe collaborare?
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Ce ne sono tanti ma tra gli emergenti direi Generic Animal.

Quali sono stati gli ascolti che hanno ispirato le tue produzioni più recenti?

Quando ho iniziato a lavorare al nuovo materiale ero in fissa con Kygo e Thyco. Volevo inserire nel nuovo materiale un’elettronica meno naïf e un po’ più epicheggiante. Da un po’ di anni sono ossessionato da Ryan Adams, che entra oramai in tutto quello che faccio, perlopiù come ispirazione generale.
Da sempre poi gli U2 sono onnipresenti in tutte le mie scelte artistiche, insieme ad una band californiana fondamentale, gli “Why?”. Credo di non essermi sentito molto “italiano” mentre scrivevo le nuove canzoni, ma da Lucio Dalla e soprattutto De André ho imparato cose sulla sillabazione che io sento presentissime anche negli ultimi pezzi.

Dopo “Compleanno” cosa dobbiamo aspettarci? Un album?

Sta per arrivare un album tra pochissimo. Anzi, è appena finito e non vedo davvero l’ora di farlo ascoltare a tutti.

Futura 1993 è il network itinerante creato da Giorgia Salerno e Francesca Zammillo che attraversa l’Italia per raccontarti la musica come nessun altro, attraverso un programma radio e tante diverse testate partner. Segui Giorgia e Francesca su Instagram, Facebook e sulle frequenze di RadioCittà Fujiko, in onda martedì e giovedi dalle 16:30.