[REPORT] Torino Spiritualità 2018: il potere del no e le parole del silenzio

Storie di silenzio, di solitudine, di comunione con la natura. Torino Spiritualità è stato tutto questo. Con la sapiente regia del Circolo dei Lettori, poeti, eremiti, medici, religiosi e giornalisti hanno raccontato il loro vissuto del mondo, le piccole gocce di realtà che filtrano attraverso il loro spirito. E hanno analizzato, più o meno amaramente la società odierna. Qui il racconto del festival.

_di Giorgia Bollati

Dopo la giornata inaugurale del festival, si entra nel vivo del discorso con Franco Berrito e Daniel Lumera che presentano il loro libro, edito da Mondadori, “21 giorni per rinascere”. Nelle pagine scritte a quattro mani, i due esperti vanno alla ricerca delle credenze, delle religioni, delle spiritualità che aiutano a vivere, che permettono di superare il dolore e di convivere con esso. A partire dai traumi e ferite che tutti hanno, provenienti da esperienze vissute in prima persona o trasmesse da qualcun altro, si generano cattive abitudini, automatismi dannosi, che non permettono di risolvere i problemi alla radice. Con l’identificazione della radice della sofferenza, è possibile guarire il trauma e compiere l’atto d’amore più grande per i figli: essere felici. La pura coscienza di esistere, priva di attaccamento, è ciò che dona la gioia e la libertà. Berrito e Lumera contemplano la bellezza, osservano i rituali, meditano e cercano la propria coscienza, e, attraverso un carciofo o un finocchio, pure essenze di vita, ritrovano la strada per riprendere contatto con il sé.

Per il ciclo Senso Unico, Marco Belpoliti ha accolto al Circolo dei Lettori Mariangela Gualtieri. Con il meraviglioso Sermone ai cuccioli della mia specie, la poetessa tocca tutti i fili rossi che si intrecciano in quest’edizione di Torino Spiritualità, e quasi si mette nei panni di un dio pietoso ma demoniaco, un genio buono, o forse solo una bambina, che sceglie di farsi carico del dolore di un mondo del fare. E aspetta di conoscere il grande segreto con cui capire il mondo, un segreto che si ritrova dentro se stessi con gli anni che passano. Salvarsi è ciò che più importa, ed essere fino in fondo, senza remora. Ed è, è davvero Mariangela Gualtieri, con tutta la sua sensibilità. Mentre racconta la sua storia, la sua famiglia, le sue origini e la sua casa tra gli alberi.

Vittorino Andreoli

«Tu che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso! Se sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!» urlano i passanti, di oggi come di duemila anni fa. Sabato 29 settembre, tra gli stucchi dorati dal Teatro Carignano, Marco Damilano e Andrea Riccardi raccontano la società di oggi attraverso la lente del versetto biblico. Nel mondo della competizione e della lotta descritta nei termini usati da Bauman, che analizza lo sfaldamento della solidarietà tra i cittadini, non resta che l’insicurezza. Un termine come “martire” richiama oscuri pensieri e viene ricontestualizzato in un’epoca dove regna l’individualismo, dove ognuno pensa a salvare prima di tutto se stesso per il solo amor proprio. Un mondo di eroi della ritirata, dunque, dove il culto personale è l’unico che conta ancora qualcosa. Dove figure come Aldo Moro sono state dipinte a tinte ambigue a lungo, per poi, però, sopravvivere alla prova della storia come i veri portavoce della vita, quelli che hanno capito che serve la pietà. Perché salvarsi da soli è egoismo, ma salvarsi insieme è politica.

A volte, per sentire davvero, è necessario immergersi nel silenzio più totale. Lo sanno bene Vittorino Andreoli e le due eremite suor Paola Biacino e Antonella Lumini che si incontrano in un talk moderato dal giornalista Francesco Antonioli. Tra strade trafficate e giornate al cardiopalma, c’è chi impara a dire no e a ritagliarsi uno spazio di quiete dove ascoltare. Ascoltare se stessi, ascoltare la voce della natura, ascoltare le parole di Dio. In un angolo di pace è possibile liberarsi di tutto per lasciarsi assordare da un silenzio che permette di arrivare all’ordine iscritto nel nostro profondo. Ma affinché qualcosa appaia, è necessario che ci sia un contenitore vuoto, è necessario spogliarsi di se stessi e immergersi nel silenzio che rende più umani. Eremiti e animi quieti imparano a scollegarsi dal mondo (o meglio dai telefoni) e a ricollegarsi ai propri sogni, per ritrovare la propria preghiera profonda, religiosa o non che sia.

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Beatrice Gallori “Torino Spiritualità”

 

In copertina: Mariangela Gualtieri – photo Dino Ignani