In cammino da Oporto a Santiago de Compostela

Costa portoghese, 7 del mattino, cielo grigio: gli scogli dell’oceano tumultuoso che ci accompagna da diversi chilometri in questa zona formano pacifiche piscinette. Il vento soffia fortissimo e fa girare le vecchie pale dei mulini a vento, sulla strada sterrata si incontrano pochi animaletti e qualche pellegrino con il tipico passo non da camminata occasionale, ma da cammino. Un reportage on the road sul celeberrimo “camino”. 

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_di Elena Fassio

Questo è l’unico momento in cui non siamo sudati fradici. “Bom dìa”, ci salutiamo, negli occhi la serenità di chi ha già macinato diverse decine di chilometri e sa che per arrivare alla meta ne mancano ancora un’enormità: 280 per l’esattezza separano Oporto da Santiago de Compostela.

Il mio primo sentimento verso la strada che mi manca è di totale impotenza, non ce la faremo mai. Il primo giorno abbiamo fatto i turisti per caso: due italiani alla scoperta delle bellezze di Oporto, del suo vino passito e delle sue case colorate.

Dal secondo giorno, il 1° agosto, si parte: zaino in spalla con dentro due cambi, k-way, sacco a pelo e un piccolo beauty, meno di 6kg in totale, scarpe da ginnastica e bastoncini da nordic walking per non pesare troppo su schiena e ginocchia. A mezzogiorno il sole picchia forte e noi non siamo neanche a metà tappa, forse a 10 dei 25 chilometri che dobbiamo fare: fortunatamente il vento oceanico soffia da sinistra e ci fermiamo spesso a osservare le case e i monumenti, a scattare foto e riposarci, ma le tempistiche vanno sicuramente ricalcolate.

Da Oporto, dopo la foce del Douro, scegliamo di percorrere la senda litoral, una variante più costiera rispetto al cammino portoghese tradizionale, durante la quale a volte si cammina anche sulla sabbia. Arriviamo a Labruge nel tardo pomeriggio e l’ostello dei volontari, che si paga a donativo come quasi tutti gli ostelli portoghesi, è piccolo e pulito.

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La prima cosa da fare è farsi timbrare la credencial, una sorta di passaporto fornito dai frati giacobini in tutto il mondo (noi l’abbiamo presa a Torino ma si può prendere anche sul posto in una qualsiasi chiesa), che attesta le tappe percorse a piedi.

La cosa più bella però sono le persone al suo interno: come se ci conoscessimo da una vita, facciamo amicizia con due ragazze italiane, due tedeschi, un uruguayano e una sudafricana. Dividiamo la spesa, mangiamo, beviamo e chiacchieriamo insieme fino a notte inoltrata: il giorno dopo la sveglia suona alle 5.30 e come per magia diventiamo compagni di cammino, parlando di tutto, scherzando, cantando e aiutandoci nei momenti di difficoltà.

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Spoiler: siamo arrivati tutti insieme a Santiago, ma nel frattempo abbiamo calamitato anche altri ragazzi, per un totale di 13 persone, senza ognuna delle quali il cammino non sarebbe stato così intenso.

Continuiamo verso nord costeggiando l’oceano e ci fermiamo in piccole cittadine medievali e portuali che se non fossimo stati a piedi non avremmo mai conosciuto: Vila do Conde, Viana do Castelo, Pontevedra. Partendo alle 6 del mattino per evitare la calura del pomeriggio, verso le 13 la tappa, in media 25 km ma con pochissimo dislivello, finisce: ci si sistema nell’ostello, si va al mare tutti insieme, si chiacchiera, si rilassano le gambe e la mente.

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Arrivano le vesciche, i crampi, i dolori muscolari, la stanchezza. Ma si va avanti, passo dopo passo. Si accettano e apprezzano gli imprevisti. Sul cammino ti scopri più paziente, e non credevi. Impari a vivere la fatica e a pensare che la felicità non sia la meta ma la strada. La destinazione si costruisce poco alla volta. Macini passo dopo passo, i chilometri si accumulano e la quotidianità annega in uno stato di quiete e sfinimento fisico. Una sensazione che manca nella vita di tutti i giorni, perché conosciamo la stanchezza, ma non del corpo.

Alla quinta tappa ci troviamo di fronte l’ampissimo rio Minho, il confine tra Portogallo e Spagna che attraversiamo in traghetto: appena arrivati in Galizia però si sente che Santiago, con tutto ciò che gli ruota attorno, è più vicino.

Le frecce segnaletiche gialle, quasi apparizioni miracolose in Portogallo, si moltiplicano, così come i banchetti di conchiglie e i ristori per pellegrini; gli ostelli iniziano ad essere pieni, tanto che ad A Guarda non troviamo posto: alcuni nostri amici dormono sul pavimento col sacco a pelo, ma quando anche il suolo è pieno, nonostante la premura dei volontari, a noi tocca andare in albergo. Dopo 120 km però una serata con doccia e letto a tre stelle non è così male.

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A tirarci su di morale ci pensano l’Estrella Galicia che scorre a fiumi, il pulpo alla gallega – con la paprica dolce – le bifanas e i pastel de nata, i tipici dolci di sfoglia alla crema.

A Redondela i due cammini portoghesi, quello centrale e quello litoraneo, si ricongiungono: iniziano qui le cinque rìas della Galizia, grandi foci di fiumi erose dall’oceano fino a diventare simili a fiordi: ognuna di loro ospita all’imboccatura alcune isolette, tra cui le famose Cìes e Ons, riserve naturali e patrimonio dell’Unesco.

A questo punto, e notare che ormai siamo più di 10 a camminare insieme – e pensate di cosa possono arrivare a parlare un biologo, una logopedista, un avvocato, un’antropologa, un ingegnere, un medico, una giornalista, un barman e una traduttrice – ci si pone davanti un altro bivio: tagliare nell’interno verso Santiago o seguire la variante espiritual, che segue la ruta de agua y pedra e tocca tre bellissimi monasteri. Ovviamente scegliamo l’allungatoia.

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La scelta si rivela più che azzeccata. Non solo il cammino lungo i fiumiciattoli, con gli antichi mulini e le cascate attraverso il bosco è più affascinante e meno battuto, ma scopriamo essere stata anche la reale rotta seguita dalle presunte spoglie di san Giacomo.

Ecco la storia in breve. Dopo la morte di Gesù l’apostolo Giacomo va a predicare in Spagna ma dopo pochi anni, giovanissimo, circa nel 43-44 d.C, viene decapitato. Due dei suoi discepoli, Teodoro e Attanasio, riescono a recuperare il corpo e a traghettarlo fino in Galizia, passando appunto per una di queste rìas, quella di Villanova de Arousa. Arrivati malati in quella che oggi è Santiago, vengono sepolti tutti e tre insieme. Secoli dopo, nell’813, l’eremita Pelagio viene attirato da alcune luci a forma di stella sul monte Libredòn (probabilmente antichi villaggi celtici) e inizia a scavare portando alla luce una tomba con tre corpi, uno dei quali aveva la testa mozzata e recava la scritta “Jacobus”.

Da subito iniziarono i pellegrinaggi in quello che venne ribattezzato Campo della Stella (Compostela), da diverse direzioni: da sud dal Portogallo, dall’Inghilterra attraccando nel nord della Galizia, dall’Andalucia, dalla Francia attraverso i Pirenei o dal nord della Spagna attraverso il cammino detto “primitivo” o “del nord”.

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