Gli Emmy Awards 2017 hanno convinto proprio tutti?

Gli Emmy Awards ogni anno mettono in dubbio due cose: la nostra capacità di giudicare una serie TV e la capacità della giuria di fare altrettanto. 



_di Gianmaria Tononi

Ci sono serie che ci prendono e appassionano come mai prima troviamo impossibile la scelta di far vincere qualcos’altro, anche perché fatichiamo a razionalizzare quanto uno show possa essere o meno commercializzabile o adatto ad un pubblico ampio (e sì, sto parlando della mancata vittoria di Westworld che spiego solamente come un “non l’hanno capita”).

Ci sono invece titoli che ci hanno annoiato o lasciato completamente insoddisfatti fatichiamo a capire come possano aver vinto e come tutti possano davvero osannarli senza alcun rimorso (e sì, sto parlando di The Handmaid’s Tale e della mia uscita infelice, tre ore prima della premiazione e vedendola pubblicizzata su un autobus, che rendeva più o meno con “una serie noiosissima, continuano a parlarmi di un passato di cui mi importa poco senza concentrarsi su un futuro ben più interessante, tra l’altro reso statico dall’incapacità di reagire dell’85% della popolazione coinvolta”). Se con quest’ultima serie sarò rigido è perché le posizioni che prendo sono esagerate, soprattutto quando parlo di serie TV, mediate la lettura con delle informazioni razionali.

Sui premi che sono andati alle serie che mi aspettavo trovo invece una capacità della giuria di essere lucida e saper arrivare assolutamente al punto, unita ad una grande interpretazione dell’intera stagione, guardata con molta attenzione. Insomma, al di là di alcune categorie sulle quali mi è difficile esprimermi, non mi trattengo dall’avere un’opinione su tutti i premi assegnati e mi guardo bene dal tenerla per me.

(Tutti i premi non nominati sono stati esclusi dal mio giudizio  per personale “non-presa-visione” di tutti gli show coinvolti)

Drama Series

Better Call Saul
The Crown
The Handmaid’s Tale (W)
House of Cards
Stranger Things
This Is Us
Westworld

Potevano vincere tutti, davvero, non me la sarei presa a male. La terza stagione di Better Call Saul rasenta la perfezione, House of Cards ha rialzato la testa alla grandissima dopo una zoppicata, Stranger Things personalmente forse non meritava ma non si può dire che non abbia cambiato qualcosa, This Is Us è di una profondità incredibile senza mai essere stucchevole, Westworld è costruita con una perfezione devastante, The Crown non è qualcosa che faccia per me ma l’avrei capito, davvero.


Comedy Series

Atlanta
Black-ish
Master of None
Modern Family
Silicon Valley
Unbreakable Kimmy Schmidt
Veep (W)

Finalmente Modern Family, che rimane una serie molto avanti per alcuni temi trattati ma troppo ripetitiva per come li tratta, sembra essere fuori dai giochi: Black-ish è un’analisi simile con temi diversi, il formato da sit-com ha spopolato per troppo tempo per continuare ad essere attuale.

Master of None è una comedy troppo poco comedy, è un capolavoro di analisi di vita che rimane penalizzata dal trovarsi sempre tra due categorie, tanto quanto Atlanta e va bene così.

Per il resto forse ci si aspettava una ventata di freschezza, Unbreakable Kimmy Schmidt ha segnato una stagione con forse poche novità, Silicon Valley è completa e sarebbe anche ora gli arrivassero dei riconoscimenti ufficiali di alto calibro.

Veep è una corazzata, creata e costruita con esperienza e capacità, si merita il titolo e non è un caso non sia il suo primo, forse premiata anche per il continuo cinismo politico che si adatta agli USA di oggi.

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Limited Series

Big Little Lies (W)
Fargo
Feud: Bette and Joan
The Night Of
Genius

Ne ho viste solamente due e mi trovo a poter dire con tutta la fermezza (e l’evidente ignoranza) che, nonostante The Night Of sia incredibile nel suo realismo disinteressato, Fargo si sarebbe meritata qualcosa di più: la storia e i personaggi che riescono a creare ed evolvere in una sola stagione è qualcosa di inarrivabile davvero.
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Television Movie

Black Mirror: San Junipero (W)
Dolly Parton’s Christmas Of Many Colors: Circle Of Love
The Immortal Life Of Henrietta Lacks
Sherlock: The Lying Detective
The Wizard Of Lies

Giudizio parziale (ho visto solamente l’episodio vincitore) e condizionato da un’esperienza di Black Mirror che va molto al di là della storia leggera ed umana raccontata in San Jupitero, che fonda le sue radici su un’eradicazione dell’umanità profonda e tremenda: non so se qualcuno si meritava di più ma spero proprio di sì.

Lead Actor in a Drama Series

Sterling K. Brown (This Is Us) (W)
Anthony Hopkins (Westworld)
Bob Odenkirk (Better Call Saul)
Matthew Rhys (The Americans)
Liev Schreiber (Ray Donovan)
Kevin Spacey (House of Cards)
Milo Ventimiglia (This Is Us)

Due attori di This Is Us e non è un caso.

Hopkins, Odenkirk, Spacey e Ventimiglia sono incredibili, sì, come lo sono stati in tanti lavori nella loro vita, tutti e tre arrivano a picchi notevoli ed indimenticabili, rendono le loro serie stupende, ma non per questo regalano sorprese, ci siamo forse abituati a vederli così.

Rhys è bravo, molto bravo, ma rilegato in un ruolo che si ripete da troppi episodi, legato ad un’umanità non consona al suo ruolo di spia ma incapace di volare lontano da lì.

Sterling K. Brown è un attore da serie TV, con tutto il bene di cui posso caricare questa affermazione, ed è giusto che ne venga riconosciuto il talento: in una serie che parla di famiglia lui è il figlio adottivo che riesce a farci provare tanto di più di chiunque altro, monumentale.

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Lead Actress in a Drama Series

Viola Davis (How to Get Away with Murder)
Claire Foy (The Crown)
Elisabeth Moss (The Handmaid’s Tale) (W)
Keri Russell (The Americans)
Evan Rachel Wood (Westworld)
Robin Wright (House of Cards)

Se Russel e Wright soffrono degli identici problemi dei loro partner di qualche riga più su, Davis si è costruita un personaggio stereotipato che più scopriamo più si rivela quello che ci aspettavamo, lei lo interpreta a meraviglia ma manca quel qualcosa che la renda indimenticabile.

Elisabeth Moss nella serie ha due espressioni, con il cappello e senza il cappello (che, al di là della parodia, significa fondamentalmente che quando l’ambientazione della serie è nel passato è quasi sempre felice e sorridente, quando è nel futuro è quasi sempre triste e pensierosa): è lo specchio di una serie troppo “facile”, che tralascia dettagli umani più complessi e si concentra su una comprensione intuibile da tutti.

Evan Rachel Wood ha due espressioni, senza sentimenti umani e con sentimenti umani. Questo doppio ruolo, da automa programmato da una parte e da essere senziente dall’altra, esaltano le capacità di un’attrice che conduce una serie stupenda: è lei ad illuderci, dall’inizio alla fine, che la verità sia a portata di mano quando ancora non possiamo nemmeno vedere dove inizia.

Lead Actor in a Comedy Series

Anthony Anderson (Black-ish)
Aziz Ansari (Master of None)
Zach Galifianakis (Baskets)
Donald Glover (Atlanta) (W)
William H. Macy (Shameless)
Jeffrey Tambor (Transparent)

Anzari è incredibile, Galifianakis impeccabile, Macy un’icona, Tambor rivoluzionario.

Donald Glover ha vinto, e di gran merito, un titolo che si è costruito addosso senza voler nemmeno strafare. Vacilla nell’interpretazione tra il realismo e il surrealismo, senza perdere per un attimo la capacità di dominare la scena, si merita il titolo perché è tutto ciò che sono gli altri, sommato, con l’aggiunta di qualcosina di più.

Lead Actress in a Comedy Series

Pamela Adlon (Better Things)
Tracee Ellis-Ross (Black-ish)
Jane Fonda (Grace and Frankie)
Lily Tomlin (Grace and Frankie)
Allison Janney (Mom)
Ellie Kemper (Unbreakable Kimmy Schmidt)
Julia Louis-Dreyfus (Veep) (W)

Le sit-com hanno perso presa, da un po’ di tempo, e lasciarle nella categoria comedy le espone a interpretazioni di altro livello: ne pagano le conseguenze Fonda e Tomlin così come Janney e Ellis-Ross, sono capaci di grandi interpretazioni (potenzialmente) ma non gli vengono richieste.

La Kemper ha reiterato un personaggio che avrebbe meritato di più in passato ma che nell’ultima stagione ha rivoluzionato e stupito poco, si è leggermente ancorato su uno scoglio precostruito.

Adlon si è costruita una serie su un personaggio “normale” che interpreta in modo magistrale, essere arrivata a nomination credo sia un bel traguardo, entra in un mondo che fatica probabilmente a capirla ed in una categoria che non può premiarla.

Julia Louis-Dreyfus è una corazzata vinci-premi, li merita tutti e non c’è motivo di pensare smetterà di vincerli a breve, riesce ad essere la politica più disfunzionale del mondo in un modo diverso per ogni stagione.

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Lead Actor in a Limited Series

Riz Ahmed (The Night Of) (W)
Benedict Cumberbatch (Sherlock: The Lying Detective)
Robert De Niro (The Wizard of Lies)
Ewan McGregor (Fargo)
Geoffrey Rush (Genius)
John Turturro (The Night Of)

I geniali McGregor in Fargo forse meriterebbero qualcosa, ma non sono sicuramente sopra i picchi che l’attore ha già raggiunto, le aspettative l’hanno tradito in partenza.

Tra i due attori di The Night Of, una serie così realistica e ben interpretata da costringere chiunque ad assegnargli questo premio, Turturro è geniale ma forse troppo studiato per sembrare ordinario: Ahmed porta l’idea di ordinarietà del personaggio, con tutte le contraddizioni di cui la vita è piena, ad un livello successivo.

Lead Actress in a Limited Series

Carrie Coon (Fargo)
Felicity Huffman (American Crime)
Nicole Kidman (Big Little Lies) (W)
Jessica Lange (Feud)
Susan Sarandon (Feud)
Reese Witherspoon (Big Little Lies)

Il nome Kidman, in una premiazione dove i grandi nomi sono stati in qualche modo “puniti”, stona un po’.

Carrie Coon avrebbe dovuto essere premiata sicuramente più in altri ruoli che qui, sebbene si sia confermata un’attrice incredibile che riesce a costruire con la calma dei dettagli un personaggio indimenticabile ovunque metta piede.

Supporting Actor in a Drama Series

John Lithgow (The Crown) (W)
Jonathan Banks (Better Call Saul)
Mandy Patinkin (Homeland)
Michael Kelly (House of Cards)
David Harbour (Stranger Things)
Ron Cephas Jones (This Is Us)
Jeffrey Wright (Westworld)

La mancata predilezione per i period drama mi ha tenuto lontano da The Crown e spero davvero il premio sia ben meritato, la concorrenza è altissima e sarebbe davvero difficile scegliere tra tutto il resto, anche se sarebbe ora di far vincere praticamente tutto a Jonathan Banks, grazie.

Supporting Actress in a Drama Series

Ann Dowd (The Handmaid’s Tale) (W)
Samira Wiley (The Handmaid’s Tale)
Uzo Aduba (Orange Is the New Black)
Millie Bobby Brown (Stranger Things)
Chrissy Metz (This Is Us)
Thandie Newton (Westworld)

Anche qui un livello incredibile ed una difficoltà di decisone che terrebbe svegli la notte prima: per la Wiley di premi ne servirebbero due e dargliene uno mi sembra sminuente, la Metz interpreta un personaggio che non può non rimanere nel cuore e lo fa perfettamente, per la Netwon vale lo stesso esatto discorso della collega Wood di qualche premio sopra, la Brown è stata caricata fin troppo di responsabilità e apparizionismo per la sua giovane età e forse si è scampata la condanna del “pensa che ha vinto un Emmy quando aveva 13 anni”.

Non far vincere Uzo Aduba, dopo la stagione e l’interpretazione da poco passate, sembra proprio una decisione che fa male a tutti.

Supporting Actor in a Comedy Series

Alec Baldwin (Saturday Night Live) (W)
Louie Anderson (Baskets)
Ty Burrell (Modern Family)
Tituss Burgess (Unbreakable Kimmy Schmidt)
Tony Hale (Veep)
Matt Walsh (Veep)

Con tutto il possibile rispetto per il SNL, che non seguo in tutta sincerità, anche qui di nomi corposi ce ne sono: impossibile non tifare (e capire perché non sia andata così) per Louie

Anderson che in Baskets interpreta la madre del protagonista. Anche solo perché non ricordavo una cosa così da Plinio Fernando (e perché l’interpretazione ha dell’incredibile).

Stante il fatto che Burgess è epico (ma forse non lo è stato in questa stagione) e i due co-protagonisti di Veep potrebbero dedicarsi ad una comedy tutta per loro senza mai sfigurare.

Supporting Actress in a Comedy Series

Kate McKinnon (Saturday Night Live) (W)
Vanessa Bayer (Saturday Night Live)
Leslie Jones (Saturday Night Live)
Anna Chlumsky (Veep)
Judith Light (Transparent)
Kathryn Hahn (Transparent)

Anche qui, non seguendo il SNL, mi taglio fuori metà delle scelte e non posso che rispettare la decisione: sicuramente la Chlumsky si merita, anche più delle altre, un riconoscimento che faccia capire un po’ a tutti quanto è fondamentale la sua presenza in una serie dove sembra essere l’unica attrice a tenere testa alla protagonista. Transparent non può, ammettendolo a malincuore vista la qualità incredibile, che risultare punita per la sua essenza ibrida tra comedy e drama.

Supporting Actor in a Limited Series or Movie

Bill Camp (The Night Of)
Alfred Molina (Feud: Bette and Joan)
Alexander Skarsgård (Big Little Lies) (W)
David Thewlis (Fargo)
Stanley Tucci (Feud: Bette and Joan)
Michael K. Williams (The Night Of)

Anche qui l’ignoranza del vincitore mi lascia con poche giustificazioni, il caso umano perfetto di Thewlis in Fargo è da notare ma l’appello da fare è ben altro: qualcuno dia un premio a Michael K. Williams, magari cumulativo, riconoscendone l’incredibilità di rendere oro qualsiasi personaggio tocchi (The Wire ci ha segnato tutti, in un modo o nell’altro).

Directing for a Drama Series

Vince Gilligan (Better Call Saul)
Stephen Daldry (The Crown)
Reed Morano (The Handmaid’s Tale) (W)
Kate Dennis (The Handmaid’s Tale)
Lesli Linka Glatter (Homeland)
The Duffer Brothers (Stranger Things)
Jonathan Nolan (Westworld)

Ancora un livello inverosimile, specchio della qualità dell’anno passato (qualità televisiva, non qualità del nostro tempo libero).

Homeland non ha mai deluso per la regia e Stranger Things ha riportato in auge uno stile di girato abbandonato da anni, Jonathan Nolan è riuscito a non deludere le aspettative di cui il pubblico lo aveva caricato per la sola colpa di portarsi addosso il cognome del fratello.

The Handmaid’s Tale non risulta, a mio parere profondamente personale, assegnare alla regia un ruolo particolarmente fondamentale o profondo.

Non far vincere Gilligan è giustificabile solamente come “una mossa per spingerlo a fare meglio, a regalarci una stagione che stamperò fotogramma per fotogramma e appenderò in camera”.

Directing for a Comedy Series

Donald Glover (Atlanta) (W)
Jamie Babbit (Silicon Valley)
Mike Judge (Silicon Valley)
Morgan Sackett (Veep)
David Mandel (Veep)
Dale Stern (Veep)

Veep, Veep, Veep. Se lo meritano, sicuramente, anche se l’ultima stagione ha avuto una direzione abbastanza in linea con quelle precedenti, forse è la cosa che meno colpisce dello show.

Silicon Valley dal canto suo è curata e maniacale (come i protagonisti), senza però avere forse quel che ci vuole: Atlanta ha quel che ci vuole, ne ha talmente tanto che potrebbe aggiudicarsi anche il premio per la regia del miglior drama e non batterei ciglio.

Writing for a Drama Series

Joe Weisberg and Joel Fields (The Americans)
Gordon Smith (Better Call Saul)
Peter Morgan (The Crown)
Bruce Miller (The Handmaid’s Tale) (W)
The Duffer Brothers (Stranger Things)
Lisa Joy and Jonathan Nolan (Westworld)

Qui si può far notare che The Americans evolve su un fulcro sempre costante, che Better Call Saul utilizza archetipi già presenti nella serie che l’ha preceduta (non si può nominare, per rispetto) e che Stranger Things sia un rimescolarsi di tante sceneggiature anni 80/90 (sebbene con tanta originalità).

Affermare che la scrittura di Westworld non sia degna di vincere un premio, di vincerli tutti, è davvero barbaro: la costruzione esatta e perfetta di una sceneggiatura che porta a rivelare una trama più grande con dettagli minuscoli ed il meccanismo che sembra non guastarsi mai, riuscendo a costruire una storia incredibilmente complessa con minuziosa pazienza, andrebbero premiate senza nessuna orma di dubbio.

Writing for a Comedy Series

Donald Glover (Atlanta)
Stephen Glover (Atlanta)
Aziz Ansari and Lena Waithe (Master of None) (W)
Alec Berg (Silicon Valley)
Billy Kimball (Veep)
David Mandel (Veep)

Atlanta è scritta divinamente, alterna botte di realismo a tratti improbabili. Silicon Valley è calibrata, rappresenta la vita di una fetta di persone che spesso ignoriamo (in quanto esseri umani con una parvenza sociale). Veep riesce, stagione dopo stagione, a toccare fondi diversi senza mai annoiare.

Master of None è però nettamente sopra tutto: narra la storia dei trentenni indecisi, insoddisfatti e disillusi che non mancano di trovare la bellezza in tutto e di provare gioia per piccoli gesti insignificanti. È scritta con un bilanciamento ed una saggezza incredibili, tanto stupenda che le si perdona anche l’affermazione “Modena è la città del tortellino” (mentre un’intera Bologna piange).

Writing for a Limited Series, Movie or Drama

David E. Kelley (Big Little Lies)
Charlie Brooker (Black Mirror: San Junipero) (W)
Noah Hawley (Fargo)
Ryan Murphy (Feud: Bette and Joan)
Jaffe Cohen, Michael Zam and Ryan Murphy (Feud: Bette and Joan)
Richard Price and Steven Zaillian (The Night Of)

Di nuovo su un tasto dolente, una Black Mirror scritta senza la cupa visione delle prime stagioni: la mia reazione non può che essere identica alla precedente, questa analisi profonda sull’umanità non è riuscita a scalfire uno scudo di aspettative risultando lenta e melanconica.

Anche in questo caso tutto il cuore, per quanto The Night Of abbia dimostrato la capacità di una sceneggiatura tanto aderente alla vita reale da lasciarci distaccati, avrebbe votato per Fargo: l’assenza delle motivazioni che diamo per scontato, di quei legami causa-effetto che ci rendono comprensibile le scelte e i destini dei personaggi, legata a scene di indubbio genio cinematografico non avrebbero dovuto lasciare scampo a nessuno.