La favola del Caseificio Miccoli

Dalla formazione alla scuola casearia di Lodi alla prestigiosa collaborazione con Eataly: vi raccontiamo la storia del “caseificio urbano” della famiglia Miccoli. 


_di Rossella Pizzurro

Ecco capita spesso che le storie più belle siano quelle inaspettate: ci si inciampa mentre si passeggia nella consuetudine dei giorni e ti viene voglia di sbirciarne l’interno. Pensavo sarei partita dal raccontare un prodotto e invece sono caracollata in una bella storia fatta di capacità, perseveranza e quel tanto di audacia che tutte le storie che si rispettino devono custodire.

La storia del Caseficio Miccoli ha inizio nel 1996 quando Roberto Miccoli, il titolare, una vita avviata e un lavoro solido alle spalle, decide di sparigliare le carte alla routine, iscrivendosi alla scuola casearia di Lodi. Di lì in poi è un lungo percorso di dedizione all’apprendimento di un’arte che, come ben sa chi ci è passato, è un iter fatto di lavoro costante, sperimentazioni continue, lunghe ore di laboratorio. Niente più week-end o sere libere. Ma tanto lavoro porta i suoi frutti e Roberto termina il corso con il massimo dei voti. In seguito a questo risultato, viene chiamato da molte aziende del settore caseario locali. Accetta perché la passione è affamata di sapere e vuole conoscere e possedere più tecniche possibile per la lavorazione di prodotti caseari specifici .

È il 2008 quando, ormai forte di una professionalità acquisita, decide di mettersi in proprio aprendo il caseificio “Miracolo a Milano”. L’inizio è faticoso, come tutte le idee innovative ha bisogno di maturare negli occhi e nella mente delle persone forse troppo assuefatte ai prodotti della grande distribuzione. E allora vai a spiegare che le mozzarelle non nascono già confezionate! E qui sta l’idea vincente: spiegare chiarire educare rendendo visibile ciò che si fa.

Nasce l’idea del caseificio urbano. Idea che ci impiega un po’ a gettare radici in una città troppo frenetica per accorgersi dei gesti lenti, della dedizione sussurrata, della sapienza del tatto che sa discriminare tra consistenze diverse scegliendo la più appropriata. L’inizio è in salita ma a quasi un anno dall’apertura capita qualcosa, che cosa con esattezza non sa spiegarselo ancora oggi nemmeno Antonella, moglie di Roberto. Ma succede. La clientela cresce anzi trasborda fuori dalla porta dell’esercizio. Le idee innovative spesso partono in sordina ma quelle buone si vedono sulla lunga distanza.

Ecco che si innesca un lungo telefono senza fili in cui le parole chiave sono qualità, cura e attenzione per i dettagli. A partire dalla scelta delle materie prime. Viene scelto il latte dell’Azienda Agricola Il Fornasotto, bella realtà di Galgagnano, comune del lodigiano, in cui gli animali non vengono stressati nel perseguimento di una mera quantità. Bensì si lavora sulla qualità. La scelta quindi vira su una filiera corta, su materie prime locali e su realtà produttive che hanno il volto delle perone che le animano.

E come tutte le storie che si rispettino, arriva il momento del riconoscimento delle proprie fatiche. E così che la qualità del lavoro del caseificio Miccoli giunge alle orecchie di Eataly.

Beh, a questo punto si potrebbe pensare che la storia sia giunta al suo epilogo, al “vissero felici e contenti” ma così non è perché il matrimonio con Eataly abbia luogo si devono superare ancora alcuni dubbi perplessità paure. La più grande di tutte: riuscire a mantenere gli alti standard qualitativi in una realtà grande ed articolata come Eataly.

«Assaggiate la mozzarella ancora calda e capirete
il senso di tutta questa cura»

Ma una volta compreso di poter mantenere l’alto livello qualitativo, il Caseificio Miccoli approda prima a Eataly Smeraldo (Milano) e da Marzo anche da Eataly Lingotto (Torino). Qui, nello specifico, ogni mattina si producono mozzarelle, burrate e stracciatelle. Se siete da quelle parti, prendetevi un momento e fermatevi a guardare le mani di Gianluca, il casaro che da forma a quelle prelibatezze del palato. Fate una pausa dal tran tran generale e, come una forma di meditazione, osservate i movimenti lenti di quelle mani, l’attesa delle giuste temperature, la cura nel modellare. Poi, ovviamente, assaggiate la mozzarella ancora calda e capirete il senso di tutta questa cura. Accogliete quel tepore morbido e ad un tempo consistente, dolce ma non troppo, sapido al punto giusto sul vostro palato. Mordete e cogliete la freschezza dei sentori erbacei che si sprigionano dal latte. Tutto questo non è casuale ma è frutto di tempo e di scelte che richiedono conoscenza pazienza e audacia.

E l’audacia quando è supportata dalla conoscenza è sempre da premiare. Non aggiungo altro, è sufficiente il primo morso.