[REPORT] Dave Matthews and Tim Reynolds: l’America in visita al Colosseo

Dave Matthews accompagnato dalla chitarra di Tim Reynolds trasporta il teatro Colosseo dritto in mezzo agli Stati Uniti per uno splendido viaggio di quasi tre ore.

di Nicola Bovio – “In America Dave Matthews è come Vasco Rossi”. Così mi veniva raccontato da una coppia di amici che lo avevano visto dal vivo su suolo statunitense insieme ad una moltitudine veramente eterogenea di persone. Ovviamente la similitudine tra i due è puramente sul livello di numero di appassionati: in Italia la situazione è un po’ diversa e il cantautore natio del Sudafrica non gode della medesima fama. Sarà forse per questo che il pubblico del teatro Colosseo è composto in maniera importante da appassionati provenienti dagli U.S.A., che più volte interagiscono con Matthews durante il concerto in un’atmosfera che sembra quella di un DVD live registrato in qualche teatro d’oltreoceano. Lo spettacolo inizia presto, d’altronde la strada da fare è lunga, il che rende il viaggio che stiamo per intraprendere ancora più piacevole.

Durante il tragitto si attraversano più di venti canzoni della band in una scaletta di cui non si può avere idea di cosa contenga. Come fanno solo pochi grandissimi della musica infatti, le canzoni di ogni serata sono diverse rendendo così ciascun concerto davvero unico sotto ogni aspetto. L’impatto è incredibile. Alle prime note che escono dalle casse, toracica e di risonanza, si può solo rimanere a sentire la meravigliosa voce di Matthews e le note della sua chitarra insieme a quella di Tim Reynolds. Non solo la musica che arriva dai due fa parte di quel genere chiamato “bella”, ma riesce veramente ad insinuarsi nel profondo dell’anima. Pensare che canzoni in fondo tanto semplici da poter essere eseguite da una persona sola con una chitarra possano aprire in chi l’ascolta una breccia più ampia di quanto farebbe un’orchestra è qualcosa di incredibile.

Matthews è magistralmente bravo nel dosarsi, nel galleggiare tra un tono delicato come un petalo sull’acqua e uno aggressivo da rocker consumato. Sta in parte qui la ragione della sua enorme popolarità negli Stati Uniti, nel saper toccare le corde delle persone grazie alla sua incredibile versatilità vocale che, insieme ai testi, gli permette di prendere per mano l’ascoltatore e trascinarlo in un turbinio di emozioni che vanno dalle più chiare a quelle più scure. Non solo la parte vocale è tra i suoi pezzi forti, ma lo è anche quella musicale. A differenza di molti altri cantautori col chitarrino, con Matthews la musica ha un ruolo di uguale importanza rispetto alla lirica. Pur essendo pezzi con un accompagnamento semplice come degli accordi su chitarra acustica, questi non sono mai banali o piatti e risulterebbero avere lo stesso tiro pazzesco anche se fossero suonati e basta. Ma ad alzare ulteriormente il già altissimo livello ecco che ci pensa Tim Reynolds dando uno splendido tocco di colore ad ogni canzone col suo modo unico di suonare.

Aldilà di una tecnica sopraffina questa sera contano le emozioni, e il chitarrista è bravissimo anche in questo specialmente quando suona in combinazione con il pedale del volume, utilizzandolo davvero in maniera sublime. Abbassandolo e alzandolo molto repentinamente Reynolds conferisce alle note quella delicatezza che sembra provenire da un violino, nascondendo la dura pennata per poi aumentare il volume immediatamente dopo senza mai perdere di fluidità. Dopo ventitré canzoni filate, tra cui “Crush”, “Bartender” e “Satellite”, intervallate solamente da due brani eseguiti dalla sola chitarra di Reynolds, c’è la pausa. È il momento in cui non si può più stare seduti al proprio posto ma c’è bisogno di alzarsi in piedi per il rientro del duo. E il finale è veramente da pubblico in piedi con l’esecuzione di “Crash Into Me” e “All Along The Wachtower”, splendida cover di Dylan che è un cristallino esempio di cosa significhi saper padroneggiare la dinamica in una canzone.

Al termine Matthews è provatissimo e saluta il pubblico che comincia ad uscire. Non tutto però, in quanto c’è ancora un buona parte di persone che rimane sotto il palco e chiama a gran voce un altro encore. A ragione. A sorpresa i due rientrano ancora una volta sul palco per suonare “You & Me”, destinazione di un viaggio musicale tra i più belli che si possano intraprendere. Con ormai più nessuno seduto al proprio posto ma tutti in piedi a ridosso del palco, il duo lascia la scena tra gli applausi di un pubblico sicuramente soddisfatto, che abbandona quella porzioncina di Stati Uniti che è il Colosseo questa sera.