Woolrich: il capo della Nazione

Il mito inossidabile del “giubbotto col cappuccio”. 

di Mattia Nesto  –  Lo si è compreso bene nelle ultime sfilate di Parigi e, ultimo in ordine di tempo, ce l’ha pure confermato questo bell’articolo apparso su I-D Vice: il “normocore”, ovvero lo stile desunto dalla cosiddetta normalità, da un abbigliamento privo di picchi o di eccessi formali/artistici, “è” la moda del momento. Eppure se negli ultimi dieci anni si è fatto, almeno una volta, un giro per una qualsiasi metropoli, città o paese d’Italia, un macro-dettaglio difficilmente non si è parato davanti agli occhi con tutta l’evidenza: ovvero c’è un vestito, un capo che indossano tutti. Stiamo parlando del giubbotto Woolrich, nella sua versione, ovviamente, con il cappuccio di pelo. Già perché non c’è credo politico, musicale, religioso, etnico oppure di ceto sociale: tutti, presto o tardi, hanno finito per acquistare questo vestito o nella sua variante originale oppure anche in quella contraffatta, tanto è il tutto è la somma delle parti no?

Perché il Woolrich ha avuto questo successo? Se oggi stesso ci si collega su Amazon o su un qualsiasi sito di acquisti on-line si potrà vedere come questo vestito abbia un costo oscillante tra i 450 e i 950 euro. Quindi stiamo parlando di un capo certamente non a buon mercato eppure, nonostante l’evidente esborso economico, il Woolrich “va” con chiunque. Certo, l’abbiamo anche citato prima, le versioni contraffatte che qualsiasi venditore ambulante può propinarvi, in molte occasioni, si avvicinano molto alla versione originale, eppure, nella maggior parte dei casi, quando si decide di comprare il Woolrich: non è un semplice vestito, ma un vero e proprio status symbol, che hanno tutti e che tutti vogliono avere.

Ma dove nasce “il” Woolrich? Woolrich è, innanzitutto, una marca di abbigliamento sorta nel 1830 in Pennsylvania. Ma è nel 1985 (guarda caso l’anno d’oro dei cosiddetti paninari) che Woolrich fa il salto di qualità, almeno in Europa. Infatti giusto in quell’anno, la WP Lavori in corso, azienda con sede a Bologna, diventa la distributrice unica del marchio in Italia ed Europa. Sotto l’illuminata gestione di Cristina Calori la WP inonda un continente con questi giubbotti. Certo non si limita soltanto ai giacconi ma, senza ombra di dubbio, è il giaccone il capo di punta tanto che la parola Woolrich, ben presto, diventa quasi antonomasia di “cappotto col cappuccio”.

Con un fatturato, nel 2013, di quasi 250 milioni di dollari, stiamo quindi parlando di un’azienda leader nel settore, che ha costruito un immaginario intorno a questo vestito, un immaginario fatto di confort, ottima vestibilità, eleganza perché no e resistenza alla temperature più basse.

Ecco allora che il ragazzotto lampadato può sfoggiare la versione kaki, per risaltare l’abbronzatura e i muscoli pompati dalla palestra; la ragazza appena uscita da un nail-shop indosserà certamente la variante rossa fiammante, per mettere in evidenza i suoi lunghi capelli color miele; lo studente universitario, sempre in ritardo tra mezzi e treni, opeterà per il parka verde scuro; infine madre e padre si troveranno d’accordo nella scelta del giubbotto nero con pelo: sta bene con tutto e non fa sentire freddo.

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Come si è potuto rapidamente osservare, il Woolrich non può essere assimilato ad un semplice giubbotto ma, per forza di cosa, lo si deve definire come il “capo della Nazione”, ovvero come il vestito che tutti, una volta o l’altra nella vita, abbiamo indossato. E pazienza se costa dai 500 euro in avanti: saranno le generazioni future a giudicare un popolo che, magari per necessità, preferisce condividere piccoli appartamenti in zone fatiscenti con altri quattro coinquilini ed andare in giro con telefoni da 900 euro e giubbotti polari da oltre 500. Anche se nelle loro città non si scende mai al di sotto dei pochi gradi sotto zero.