Lo zero come prezzo dell’anima: “Il Giocatore” di Dostoevskij

Il 19 gennaio al Circolo dei Lettori, Giuseppe Culicchia e Giorgio Li Calzi danno vita ai tavoli da gioco della Roulette, in atmosfere ottocentesche ma, in fondo, senza tempo, seguendo le parole del Mostro Sacro della Russia degli Zar.

di Giorgia Bollati  –  Il vizio e la vanità, l’amore e la ricchezza sono i temi che ruotano attorno alla vera protagonista del romanzo Il giocatore scritto nel 1866 da Fëdor Dostoevskij: la roulette. Si tratta di una giostra di passioni e sudori freddi che orchestrano i movimenti dei personaggi tra gli eleganti salotti delle grandi città europee e i rumorosi e sfavillanti quanto oscuri tavoli dei casinò; angosce vissute in prima persona dall’autore, che si vide costretto a scrivere tali pagine proprio per estinguere i suoi debiti di gioco.

Di fronte a un tappeto verde, sul palco della grande sala del Circolo dei Lettori, giovedì 19 gennaio, Giuseppe Culicchia e Giorgio Li Calzi hanno riportato in vita Aleksej Ivànovic, con la destinataria del suo amore Polina, la famiglia per cui svolge la mansione di precettore, i ricchi signori che girano attorno alla giovane erede di una presunta fortuna proveniente dalla ricca nonna, e una schiera di croupiers che animano gran parte delle giornate e delle nottate dei protagonisti.

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Da un lato le suggestioni sonore della tromba di Li Calzi che si è destreggiato tra lo strumento a fiato, un Mac e un sintetizzatore, e dall’altro la voce di Culicchia che ha interpretato e animato le pagine del grande maestro russo, il Mostro Sacro della serata, cercando di attualizzare il testo ritagliato tra le parole del romanzo. Grilli, treni e chiacchiericci vari hanno calato gli spettatori nel frizzante mondo della buona società e le sonate composte dal musicista hanno fatto battere il cuore di Aleksej nel petto di tutti i presenti, coinvolti nel turbinio della trepidazione che rimbalza come la pallina di avorio tra le caselle della roulette. Culicchia, seduto su di uno sgabello, osservando le dita del collega muoversi tra tasti e tastiere, e lanciando i suoi sguardi penetranti al pubblico, è stato un timido e innamorato precettore pronto a vendere la sua libertà per amore, una giovane e crudele fanciulla, e anche un’aggressiva e vigorosa seppur anziana donna russa dal fascino illustre per un’ora e mezza di totale sospensione.

Un generale sprofondamento negli oscuri meccanismi del gioco d’azzardo è stato sufficiente a far assaporare all’uditorio il tono del romanzo, tra dipendenze e necessità di una redenzione che sembra non arrivare mai. Lo zero è il prezzo per comprare l’anima e tenerla incatenata a un tavolo, nel 1866 come nel 2017, perché l’animo umano mai muta, e, avido e vanesio, si aggrappa ad ogni barlume di grandezza, quand’anche questa sia una pura scarica adrenalinica derivata da una scommessa andata a segno.

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