[INTERVISTA] Carlo Barbagallo: il volto cubista del “9”

Il musicista siracusano Carlo Barbagallo ha concentrato negli ultimi tempi tutta la sua creatività e dedizione a un nuovo disco che uscirà nella primavera del 2017 e che riassume il tutto in un numero, il “9”.

di Emanuela Castorina – Negli anni il suo estro si è espresso in svariati modi e con band diverse tra loro per stile e approcci, il blues-rock de La Petroliera, l’avant jazz dei Les Dix-huit Secondes, il pop degli Albanopower, il blues dei Tempestine, e ancora La Moncada e l’impro noise del trio con Jean Francois Laporte e Emilio Bernè fino al grunge acido dei Suzanne’Silver, sua band attuale. Questa miscela di suoni ha formato negli anni una personalità dai contorni non sempre definiti, un’imprevedibilità musicale tale da sorprendere l’ascoltatore che ritrova sempre un lato nascosto dell’artista siciliano. La riprova è il singolo “Any Girl’s Eyes, che anticipa l’uscita del disco, un brano che racchiude un’anima soul ma anche tanto blues, non solo per lo stile ma per ciò che evoca, il calore dei suoni e una musica che da dentro esplora il fuori, come un viaggio e in questo caso molto intimo. Un brano di apertura che apre la mente e apre le porte ai nuovi nove racconti che compongono l’ultima fatica di Barbagallo.
L’occasione per conoscere più da vicino l’artista e il suo lavoro si presenterà il 5 gennaio sul palco di Zo, dove Carlo Barbagallo ha riunito una band d’eccezione che gli vedrà accanto Salvo Barbagallo al sax, Elaine Bonsangue (Ubi Khan Klan/ex Loozoo) ai sampler, Mauro Felice e Dario Serra già insieme a lui nei Suzanne’Silver, Giovanni Fiderio (Tapso II/MASHROOMS), Andrea Romano e Giuseppe Sindona (Albanopower) e Lorenzo Urciullo (Colapesce).

Nell’attesa del concerto di presentazione del nuovo lavoro discografico, abbiamo rivolto alcune domande a Carlo Barbagallo per saperne di più.

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Cosa racconta Barbagallo nel nuovo disco e perché la scelta del colore caldo del soul?

“Il disco, la cui uscita ufficiale è fissata in primavera, ha tanto roba dentro: c’è soul ma anche funk, southern rock, improvvisazione elettroacustica, pop e tanto altro, un po’ tutto quello che mi piace. A mio parere ha tante facce: forse perché ha avuto una più o meno lunga gestazione tra scrittura, arrangiamenti e produzione, e forse perché hanno collaborato più di una ventina di musicisti che hanno improvvisato e/o arrangiato con me registrando separatamente in tempi e in luoghi diversi. Negli ultimi mesi, ho montato il tutto, maniacalmente, nel dettaglio.”

Il titolo dell’album è “9”, ha un significato particolare questo numero?

“Potrebbe essere considerato come una misura del tempo che scorre ma di significati e connessioni se ne potrebbero trovare tanti: le canzoni sono 9, i musicisti che cureranno con me l’anteprima da Zo a Catania il 5 gennaio sono 9. Sicuramente ha una stretta connessione con i testi e con quello che raccontano.”

Il tuo estro creativo si è manifestato molte volte in veste di solista ma hai sempre mantenuto la dimensione della band, prima di tutto con i Suzanne’ Silver ma anche con altre formazioni. Barbagallo è sempre lo stesso in entrambi i casi o ti piace mostrare un lato differente di te stesso?

“Penso che in un contesto diverso è naturale mostrare un lato differente di sé, forse se si mettono insieme tutti i lati ci si potrebbe anche sorprendere. In una band, che nasce come tale, l’identità è data dal contributo che umanamente e musicalmente ognuno dà, ed è molto stimolante. “9” non sarebbe quello che è senza il contributo di tutti i musicisti coinvolti.”

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In quale dimensione senti di essere più a tuo agio?

“Suono spesso solo (chitarra-voce) dal vivo, per necessità evidenti, ma preferisco suonare con altri musicisti, conoscerne di nuovi e riscoprire vecchie collaborazioni. Tra la dimensione creativa e quella esecutiva, sicuramente preferisco la prima e anche per questo dal vivo preferisco le condizioni in cui è prevista, in un modo o in un altro, anche una certa libertà improvvisativa.”

Cosa ha ispirato il nuovo disco, ritieni di avere una musa ispiratrice?

“La mia musica è sempre strettamente autobiografica, anche quando è esclusivamente strumentale. Quindi sì, credo che la mia musa sia la mia vita. Le canzoni di “9”, una di seguito all’altra, narrano una storia; leggendo il booklet e ascoltando è un po’ come seguire un film.”

La parte creativa del disco è frutto del tuo solo lavoro o ti sei avvalso della collaborazione di altri musicisti?

“Musiche e testi sono stati scritte da me, un paio di testi sono di Elaine Bonsangue (Ubu Khan Klan, ex Loozoo) che ha anche recitato e cantato in due brani, come anche Luca Andriolo dei Dead Cat In A Bag; un testo è di Francesco Accardi (basso dei Suzanne’Silver). Gli arrangiamenti sono stati curati da me in collaborazione con i venti musicisti coinvolti: le batterie sono di Mauro Felice (Suzanne’Silver) e Emilio Bernè (L.B.B. / Noise Delivery), i violini di Giovanni Fiderio (Tapso II / Mashrooms), i bassi di Manuel Volpe (Rhabdomantic Orchestra), i contrabbassi di Michele Anelli (Noise Delivery), i fiati di Maurizio Busca (Rhabdomantic Orchestra), Pasquale Calò (Mediterraneo Radicale) e Sergio Battaglia, Remo De Vico (Studiolo Laps) ha curato l’elettronica, per la quale ho potuto avere il prezioso contributo anche di Jean-Francois Laporte (Totem Contemporaine) e Stefano Bassanese (Scuola di Musica Elettronica del Conservatorio di Torino), al rhodes c’è Michele Gugliemi (Oaxaca), al piano e all’hammond Enrico Messina (Calavera), Stanislas Pili (CoMET) alle percussioni, Boto (Movie Star Junkies) a qualche chitarra fuzzosa, Luca Iorfida (Dead Cat In A Bag) al vibrafono. Credo di aver citato tutti, o forse ho dimenticato qualcuno? Io ho cantato e suonato tutte le chitarre e qualche basso, oltre che a registrare, montare e missare il tutto.”