Fuocoammare: uno schiaffo all’indifferenza

Il documentario di Gianfranco Rosi vincitore dell’Orso d’oro al festival del cinema di Berlino e candidato all’Oscar come miglior film straniero, è stato trasmesso nella “Prima giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione” su Raitre.

di Luigi Affabile  –  Prima di vedere il documentario di Gianfranco Rosi, consiglio di armarvi di maggiore sensibilità, per non farsi trovare sprovveduti dinanzi ad un problema che riguarda tutti. Le prime immagini mostrano un bambino, Samuele, che tenta di arrampicarsi su un albero. Ma non illudetevi, non è lui il protagonista principale di questo documentario, o almeno non solo.

Fuocoammare non ha protagonisti, i riflettori sono puntati sull’isola di Lampedusa e il suo mare, tanto limpido e cristallino quanto maledetto e pieno di sangue.

Oltre a Samuele, il ragazzino di cui Rosi ci racconta la quotidianità fatta di scuola, sogni e famiglia, c’è anche il dottor Pietro Bartolo, il medico che si è trovato ad affrontare negli ultimi anni tutti i problemi sanitari dei migranti che arrivano sull’isola. Il regista ci mostra due volti dell’isola. La Lampedusa dei pescatori, di una trasmissione telefonica, di un bambino, delle famiglie. Poi c’è l’altro volto, quello che più spaventa e ci invita a riflettere. La Lampedusa dei militari, dei migranti, delle navi che individuano gli scafi in cui sono trasportati come bestie. Oltre a questi due volti, ci sono i morti. Già, quelli mostrati in sacchi chiusi.

La tragica normalità, accompagnata dal silenzio e dal rumore del mare.

Le immagini sono pulite e limpide, farsi coinvolgere non è difficile. Il regista è stato spietato, ma nello stesso tempo ha raccontato la tragedia con rispetto e pudore. La macchina da presa è invadente, pronta ad evidenziare i respiri affannati, la disperazione, il dolore. La situazione viene affrontata senza paura e senza retorica. Un documentario che aderisce alla realtà, con lo scopo di far riflettere i pigri e gli spietati.

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Un racconto per chi fa finta di non vedere… La forza del documentario sta nell’innocenza e nella spontaneità di Samuele. Forse è proprio questo che Gianfranco Rosi vuole mettere in risalto, la vita di un bambino tanto vicina quanto lontana da tutto quel male che lo circonda. Tutta quella carne morente e quell’oscenità che spesso facciamo finta di non vedere. Ma attenzione, Samuele è solo un bambino, noi no. Forse un giorno, con il suo occhio pigro, mostrerà la sensibilità necessaria per affrontare quelle tragedie che spesso oramai ascoltiamo ai telegiornali. Il percorso del racconto ci conduce verso la strada del dramma, quel dramma che troppe volte ignoriamo.

In Fuocoammare le parole non ci sono, o forse vengono meno. I paesaggi naturali dell’isola spesso si scontrano con la tragedia del mare. Una tragedia fatta di cifre, dibattiti, ma soprattutto di uomini, donne e bambini. Un racconto che mette la morte in primo piano, ma si fa portavoce anche di una speranza che cerca – stremata – di abbattere il muro dell’indifferenza. Bisogna svegliarsi, e custodire nella mente lo sguardo triste di Samuele. Ma bisogna farlo in fretta, altrimenti Samuele crescerà e noi adulti ci ritroveremo a raccontare un nuovo olocausto.