CHAMOISic 2016: un’alchimia unica tra musica e montagna

Il festival di CHAMOISic è un unicum nel panorama italiano: una piccola realtà ma con lo sguardo curioso e rivolto in avanti.

di Giulia Scabin  – Quest’anno giunge alla sua settima edizione collocandosi all’interno dello scenario mozzafiato della Valle del Cervino. Una line-up eclettica, tre nuove location, una passeggiata sonora, incontri e proiezioni: insomma, non il solito festival.

Ce lo ha raccontato Fabio Battistetti, in arte Eniac, quest’anno coinvolto sia come musicista che come membro dell’organizzazione.

OUTsiders: Chamoisic è l’unico festival italiano che colloca musica contemporanea in un contesto naturalistico. Il festival è ormai giunto oggi alla sua settima edizione, quali sono stati gli impulsi e gli obiettivi che fin dalla prima edizione hanno dato vita a questo progetto? Come è nato il tuo coinvolgimento?

Eniac: “Il tutto nasce in realtà da una battuta: nel 2009 ci fu a Chamois il concerto di Carlo Pestelli, un cantautore torinese, alla fine del quale il sindaco disse “Che bello! Dovremmo farne un festival”. E nel 2010 è nato Chamoisic. Nacque sotto la direzione di Giorgio Li Calzi, musicista torinese, con il sostegno dellassociazione “Insieme a Chamois”, composta di villeggianti e locali che da anni si occupano di attività culturali su Chamois e comuni limitrofi. Nel 2011 io fui invitato da Giorgio a suonare come artista, è un festival che ho frequentato per quanto possibile quasi tutti gli anni, e da questa edizione 2016 Giorgio ha voluto integrare nell’organizzazione nuove persone, tra le quali me, per dare una certa continuità e un futuro al festival. Quando mi è stato chiesto ho colto l’occasione al volo, perché si tratta di un festival unico nel suo genere. Nel senso che nasce come realtà locale, molto locale, ma ha comunque l’esigenza di guardare avanti, anche perché ci sono un paio di sogni davanti, che non sto a raccontare, anche perché sono ancora abbastanza visionari: ci vogliono risorse, ci vuole tempo, ci vuole pazienza. Questa è un po’ la storia del festival.”

“E’ importante poi riuscire a relazionarsi , soprattutto a livello di produzione, con tutto quello che è un territorio, la Valle d’Aosta, che secondo noi ha delle grandi possibilità.”

Qual è quindi l’obiettivo che vorresti proporti facendo adesso parte dell’organizzazione?

“L’obiettivo è ovviamente andare a fare un cambio generazionale nella gestione, e poi iniziare ad essere più presenti sul territorio, cosa che abbiamo iniziato a fare quest’anno, ampliando il territorio del festival ai comuni di Valtournenche, Antey-Saint-André e La Magdeleine. E’ importante poi riuscire a relazionarsi , soprattutto a livello di produzione, con tutto quello che è un territorio, la Valle d’Aosta, che secondo noi ha delle grandi possibilità. La relazione che vi vorremmo creare è quella tra cultura e turismo, mettendo in campo anche quella innovazione che sta lentamente venendo fuori in Valle d’Aosta.”

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Fabio Battistetti aka Eniac

Parlando di territorio, come si è posto il Comune di Chamois, fin dalle prime edizioni, nei confronti del festival?

“Direi in modo positivo, perché l’incipit nasce dall’interazione tra questo musicista, Carlo Pestelli, che suonò a Chamois, il sindaco Remo Ducly, e Giorgio Li Calzi. Decisamente positivo. Poi bisogna entrare nell’ottica: Chamois è un paese di 200 abitanti, è un piccolo comune che tendenzialmente vive di turismo, ma è comunque un comune di montagna. La popolazione locale è tuttavia generalmente molto reattiva, nonostante noi… sembriamo un po’ degli alieni. La nostra proposta artistica è molto distante da quanto possa essere compreso da un comune di montagna. Portare Fred Frith, chitarrista del tutto sperimentale, a Chamois, non è facile. Grazie al lavoro fatto in questi anni da Giorgio e da tutta l’organizzazione del festival in realtà tutto questo è possibile, perché si è creata anche un’apertura mentale prima di tutto da parte del pubblico e della comunità locale, che è curiosa. Noi presentiamo un programma che ai più, soprattutto ai locali, è del tutto sconosciuto, ma loro sono molto molto curiosi. Il primo anno suonarono i Radian, band australiana sperimentale: per i miei gusti nulla di trascendentale, per quando riguarda invece il pubblico di Chamois fu una cosa molto difficile da comprendere, ma tutt’oggi ex assessori, villeggianti e abitanti hanno un ricordo molto positivo dell’esperienza: strana eh, ma bella.”

Quest’anno ti occuperai anche dello spettacolo “Acqua come suono”, a La Magdeleine, che consiste in una passeggiata sonora che terminerà con un concerto, al quale parteciperai anche come musicista con il tuo progetto elettronico sperimentale Eniac. Come è nata l’idea di questo spettacolo e in cosa consisterà più nello specifico?

“Questo spettacolo è una naturale evoluzione del mio percorso artistico in relazione con l’ambiente. La passeggiata si snoderà tra i mulini che caratterizzano il Comune di La Magdeleine, e gli artisti accompagneranno il pubblico lungo il percorso ad ascoltare il flusso dell’acqua del ruscello e dell’azione della macina. Abbiamo pensato lo spettacolo nell’ottica di essere qualcosa legato all’ambiente ma in un contesto musicale, tant’è che l’obiettivo era coinvolgere altri artisti, oltre a Eniac, e abbiamo optato per Gianluigi Carlone della Banda Osiris e Biagio Bagini, ovvero Conciorto, progetto molto particolare che gioca sull’interattività con le verdure, suonandole letteralmente e creando delle ambientazioni poetico-teatrali, raccontando storie in modi inaspettati.”

Come mai avete scelto di unire due progetti, Eniac e Conciorto, così, almeno apparentemente, distanti?

“C’è prima di tutto un’affinità elettiva, nel senso che ho scoperto che, Gianluigi in particolare, ha molta attitudine verso tutto ciò che è innovazione tecnologica, tant’è che il duo utilizza una tecnologia chiamata Ototo, che uso anch’io, per trasformare il suono della verdura in suono vero e proprio. Vi è poi anche un’affinità di suono, anche se non sembrerebbe; e infine vi è proprio la volontà di mettere a confronto un tema, se vogliamo… serio? O comunque di relazione col territorio, un tema di indagine, nella passeggiata sonora, con un approccio invece un po’ più ironico. Cioè fondamentalmente io sarò quello serio che farà musica elettronica, krauta, tedesca, precisa (non è vero! – risate ndr*), e gli altri due che… beh sarà interessante.”

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Per quanto riguarda il tuo progetto, Eniac, quanto ha influito l’importanza che dai all’ambiente naturale, e in particolare alla montagna, sulla tua musica e sul modo in cui la componi?

“Per me la montagna è stata fondamentale per riuscire a riconoscere il mio territorio, il mio ambito e il mio sentiero. C’è voluto chiaramente del tempo, ed è un percorso che è nato proprio nel periodo in cui io ho partecipato per la prima volta a Chamoisic come artista. Tutto ciò mi ha portato ad una relazione abbastanza intensa col territorio montano, nella sua dinamica che per me ha più valori, sia a livello sonoro che a livello emozionale.”



Ti ispiri quindi anche al suono della montagna, nonostante il tuo genere sia in un certo senso poco “naturale”?

“Sì, il processo della mia musica, lavorando con l’elettronica, è sotto un certo aspetto poco naturale, ma quello che sto cercando di fare, in parte grazie a questo mio percorso che si sta evolvendo, è una sorta di astrazione: ripulire tutto ciò che è produzione e stratificazione elettronica per arrivare a un suono in un certo senso più naturale, legato appunto all’ambiente montano. Riverberi, eco, eccetera. In questo senso la montagna influenza molto la mia ricerca, nell’andare a tentare di ricreare ambientazioni di questo tipo.”

“La selezione non punta a nomi attuali di richiamo, ma più ad uno sguardo su cose interessanti e poco conosciute, scelte anche nell’ambito locale. Si tratta di un vero e proprio lavoro di scoperta, di artisti che possano sposarsi con l’ambiente montano.”


In un contesto così particolare e certamente fondamentale scegliere con attenzione gli artisti che vi parteciperanno, come vi siete mossi in questa scelta?

“La direzione artistica ha seguito quello che è fondamentalmente il filone del festival, ossia collegare musica contemporanea in uno spettro molto ampio, dalla world music, all’elettronica, passando ovviamente dal jazz, perché è indubbio che Chamoisic abbia un’impronta jazz molto importante. La selezione non punta a nomi attuali di richiamo, ma più ad uno sguardo su cose interessanti e poco conosciute, scelte anche nell’ambito locale. Si tratta di un vero e proprio lavoro di scoperta, di artisti che possano sposarsi con l’ambiente montano. Quest’anno avremo questo chitarrista norvegese, Eivind Aarset, che arriverà con un quartetto di due chitarre e due batterie: ha uno scenario musicale molto evocativo che secondo noi si sposa benissimo in un palco in montagna all’interno di questo contesto unico. Ovviamente in un contesto diverso di un festival cittadino sarebbe più difficile portare un musicista del genere, perché non è un “nome”, cioè è sì un nome artistico importante, con una storia, ma non è il classico nome. Questa è un po’ la scelta del festival, differenziarsi, o comunque non dover fare per forza quello che tutti i festival fanno. “

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La funivia per accedere al Comune di Chamois


Ultima domanda: come pensi e speri che Chamoisic possa procedere ed evolversi nel futuro?

“Prima di tutto dobbiamo cercare di dare al festival continuità, coniugarci con il territorio ed ampliare il nostro pubblico. Vi è poi un sogno che il festival possa più avanti essere non “soltanto” un festival ma possa diventare un luogo di riferimento per la musica: abbiamo delle idee molto chiare ma siamo molto restii a comunicarle per una questione fondamentalmente di risorse, avremo bisogno di molte risorse… tuttavia crediamo che, anche con quello che stiamo già facendo, Chamois possa avere un futuro da un punto di vista musicale anche oltre il festival. Vi è una strana alchimia tra una località raggiungibile soltanto in funivia, uno scenario fantastico, scelte artistiche particolari, la dimensione di vicinanza che si crea con il pubblico… un’alchimia strana, ma meravigliosa, e proseguiremo quindi in questa direzione.”

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