[REPORT] Il Mercante di Venezia insegna: chi serra non erra | Silvano Globe Theatre

“L’impostura ha sempre un bell’aspetto”: Il mercante di Venezia in scena al Silvano Globe Theatre di Roma vince la scommessa del teatro che non ti aspetti.

Di che sostanza è fatta la tristezza? Forse è nascosta nelle valigie imperfette dei viaggi che ogni giorno dobbiamo affrontare. Forse è composta in parte dalla stessa essenza che rende ogni motivazione unica e per questo non riconducibile ad altro. Fino al 7 agosto 2016 Il Mercante di Venezia al Silvano Toti Globe Theatre di Roma rende protagonisti i temi della tolleranza e dello scontro fra la clemenza e la giustizia. Ma anche la purezza dell’amore e la bellezza della commedia dell’arte che in questa versione dell’opera di Shakespeare curata per l’occasione da Loredana Scaramella, si allontana dai colori cupi della tragedia narrata per riscoprire, come opera di un’ attenta restauratrice, le sfumature più dolci, i colori più brillanti e le vibrazioni più fresche di un dramma che si lascia amare da secoli per la pluridimensionalità dei temi affrontati.

Venezia come una delle metropoli contemporanee più vivaci: uno straniero che mette in discussione i privilegi di un mercante. Uno straniero ricco, ma pur sempre straniero. Venezia non venne utilizzata casualmente da Shakespeare nell’ambientazione della sua opera. Venezia era la città simbolo di un mondo basato sul potere del commercio ed è qui che venne coniata persino la parola “ghetto” perché fu proprio a Venezia che venne eretto il più antico Ghetto della storia. La città concesse fin dai tempi più antichi agli ebrei di svolgere tranquillamente alcune professioni come quelle dell’usuraio ed il medico quindi, tollerava la loro presenza anche se ad una certa ora della sera venivano rinchiusi con un enorme lucchetto nella zona dove risiedevano, sede di un’antica fonderia di acciaio, il getto, da cui la parola ghetto.

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Il Mercante di Venezia presentato al Globe Theatre di Roma convince per la capacità di coinvolgimento totale del pubblico verso le vicende dei numerosi personaggi chiamati a rivivere con grande bravura sul palco. Molto bello il dualismo evidenziato fra la prima parte dello spettacolo, dove ironia ed allegria sono quasi  protagonisti assoluti nel dipanare la complessa trama del dramma in scena che si contrappone alla seconda e conclusiva parte dove viene lasciato spazio ai toni più profondi di temi impegnativi come l’antisemitismo, il perdono, l’amicizia ma sopra ogni cosa quello della coscienza.

La clemenza ha questa qualità: non si impone

Tutto è colore in questa convincente lettura dell’opera shakespeariana. C’è colore nella giustizia, nell’accurata ricostruzione storica, nella bellezza dei costumi e nell’eleganza dei gesti. C’è colore nella musica rigorosamente dal vivo eseguita dal Trio William Kemp, nell’argomentare il ruolo fondamentale della donna, coraggioso e rivoluzionario allo stesso tempo. A tratti l’irriverente ironia proposta sembrerebbe disturbare la sacralità del testo in scena ma, la contemporaneità di sottili stratagemmi di comunicazione non verbale attivati, permettono di ricreare lo spirito degli originali playhouses: il coinvolgimento totale del pubblico passa anche attraverso codici riconoscibili e condivisibili. La corale scena finale emoziona e porta in superficie le suggestioni che nella propria intimità ogni spettatore riesce a cogliere durante lo spettacolo. Il teatro è di tutti e per tutti. Come le emozioni. Come la coscienza.

Photogallery a cura di Marco Dell’Otto

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