[REPORT] Anohni: make the world a better place

Cantautorato elettronico militante per il tris formato da Anohni, Oneohtrix Point Never e Hudson Mohawke in data unica al Flowers Festival di Collegno (Torino). 

di Erika Fiumi  –  Si chiama Hopelessness il debut album del nuovo progetto di Antony Hegarty, che ha scelto di distaccarsi dal passato tutto pianoforte e linee melodiche degli Antony and The Johnsons, per dare vita a qualcosa di molto più affilato e tagliente. Antony è diventato per tutti Anohni, una donna dalla voce pazzesca che è riuscita a dare una forma pop a contenuti importanti e attuali: dall’ecocidio, alle guerre coi droni, alla violazione della privacy.

Il pubblico ha affollato il cortile delle ex Lavanderie a Vapore ben prima dell’inizio del concerto. Puntualissime le luci si spengono, il palco si fa nero e parte un loop di rumori ipnotici. E poi l’attesa, di quelle che meriterebbero una a maiuscola. Trenta minuti di loop, inizialmente puro suono poi accompagnato da una mega proiezione visual con protagonista Naomi Campbell (ANOHNI ha scelto la venere nera, emblema della bellezza e femminilità, anche per il video di Drone Bomb Me). La modella inglese si muove sinuosamente ballando in un bunker deserto, di Anohni neanche l’ombra.

Hopelessness è la presa di coscienza verso i crimini della nostra epoca

Poi l’attesa finisce, i due producer Oneohtrix Point Never e Hudson Mohawke salgono sul palco e si inizia proprio con la title track dell’album, Hopelessness. Anohni compare solo alla seconda canzone, il super singolo 4 DEGREES: in total black, un burqa le nasconde il viso e le forme, lasciando posto sul palcoscenico solo alla sua voce perfetta, senza alcuna sbavatura, armoniosa e potente. Più il live prosegue, più ci si rende conto che quel che Anohni propone non è un semplice concerto, ma un vero e proprio concept. L’atmosfera è parte integrante del live, i visual ritraggono donne in primo piano, di ogni età e di ogni colore, che cantano “in playback” le parole di tutte le canzoni. Anohni nega completamente il suo protagonismo/ego nello show: è totalmente coperta, il viso velato, i lunghi guanti sulle mani; un ombra nera che rimanda a quelle donne sullo schermo il ruolo principale, che si inginocchia a loro, la sua voce sulle loro labbra, la musica sulle loro emozioni. Nessuna parola di circostanza al pubblico, mai, una canzone dopo l’altra il live prosegue perfetto e toccante.

La musica elettronica ha dato alla voce di Anohni artigli e allo stesso tempo leggerezza, i bassi hanno fatto tremare la terra sotto ai nostri piedi, ci sono entrati dentro con la potenza che un pianoforte difficilmente potrebbe avere. Il finale è Drone Bomb Me, che lascia poi spazio alle parole di un’anziana donna che racconta le sue preoccupazioni rispetto al futuro del nostro mondo: “Everything is going upside down”, e come darle torto.

How are we going stop and […] work together and make the world a better place to live for all of us? La solenne preghiera di Ngalangka Nola Taylor, nell’ultimo videoclip proiettato nel silenzio assoluto del Parco della Certosa.

È curioso come i due elementi cruciali di questa rinascita a nome ANOHNI siano l’uno il contrario dell’altro: il distacco e l’empatia. Anohni si distacca dalle vecchie canzoni, da quel che sono stati gli Antony and The Johnsons e dal proprio ego; mentre i visual sono proiezioni in primo piano di donne che non possono lasciare indifferenti: gli occhi bagnati dalle lacrime, le labbra che scandiscono le affilatissime parole dei testi, l’irregolarità dei visi, i difetti che ci rendono umani. Hopelessness è la presa di coscienza verso i crimini della nostra era e Anohni ha incanalato l’attenzione su temi importantissimi, che riguardano tutti noi, attraverso la musica, come rimanere impassibili?